Il giorno 9 maggio 2019 presso il Conservatorio Martini di Bologna in occasione della VI settimana organistica bolognese organizzata da “Bologna città degli organi” in collaborazione con “Organi antichi, un patrimonio da ascoltare” ho tenuto il seminario di accordatura con dimostrazioni pratiche all’organo.
Il riassunto dell’incontro è pubblicato qui di seguito.


Lo spettro armonico, gli intervalli e i battimenti

Serie degli armonici
Serie dei primi 20 armonici della nota do con gli scostamenti dall’equabile

Analizzando la composizione dello spettro acustico, troviamo in successione suoni armonici, che hanno frequenze multiple della nota fondamentale secondo i numeri interi.

Da questo fatto nasce la nozione di intervallo, inteso come rapporto fra le frequenze di due note. Siamo erroneamente abituati a pensare all’intervallo come a uno “spazio” compreso fra sue suoni, o come alla distanza fra due note. Perciò parliamo di somma e differenza tra intervalli. È proprio il termine “inter-vallo” che rappresenta le note come disposte su una linea. Dovremmo invece abituarci a considerare la relazione matematica tra le frequenze o tra le lunghezze d’onda.

Torniamo allo spettro armonico per individuare questi rapporti matematici fra gli armonici. Troviamo l’armonico di VIII, che sta in rapporto di 2:1 con la fondamentale. Poi segue la XII, che riconosciamo facilmente come la quinta dell’ottava con il rapporto di frequenza 3:1, segue la XV, poi la XVII (terza maggiore sulla XV, 5:1), la XIX e quindi la XXI (settima minore sulla XV, 7:1), e così via. Più in alto sono presenti gli armonici di seconda maggiore e settima maggiore.

Armoniche sovrapposte

Quando due suoni hanno frequenze il cui rapporto è un numero intero, ad esempio le due note Fa2 e Fa3 oppure Fa2 e Do4, le due onde sonore sono sovrapponibili. Esse perciò possono “con-fondersi”. Ma se le due frequenze stanno in un rapporto irrazionale, si genera il fenomeno del battimento. Il caso più noto nell’organo è quello della voce umana, ottenuta con due canne quasi unisone: si percepisce un suono che ha frequenza intermedia ai due suoni originari ma pulsante. La frequenza di questa pulsazione è la differenza delle due altezze.
Nel caso di due suoni lontani come frequenza fondamentale, sono i loro armonici a generare il battimento. Ad esempio se il Do4 non si sovrappone al terzo armonico del Fa2, ma è leggermente crescente o calante allora si percepisce una fluttuazione più o meno rapida dell’intensità sonora. Nel caso dell’ottava l’orecchio è disposto a tollerare una pulsazione molto lenta, ma nel caso della dodicesima o della diciassettesima il numero dei battimenti cresce vistosamente non appena una nota si scosta dal rapporto naturale: questi ultimi intervalli dunque sono più affidabili per la precisione dell’accordatura.

Il fenomeno dei battimenti è quindi utile per accordare gli intervalli e anche per stimare quanto sono stretti o larghi rispetto alla purezza. Si deve sempre tenere conto delle altezze in gioco perché raddoppiando le frequenze raddoppia anche il numero di battimenti.
Il metronomo è utile per questo confronto fra intervalli.

Per temperare della stessa quantità una quinta e una quarta concatenate tramite una nota comune, bisogna confrontare i loro battimenti rispettando la proporzione ben precisa che intercorre:

  • confrontando quinta grave e quarta complementare acuta i battimenti raddoppiano (es.: RE1-LA1 e LA1-RE2)
  • confrontando quarta grave e quinta complementare acuta i battimenti sono uguali (es.: RE1-SOL1 e SOL1-RE2)
  • confrontando quinta e quarta ascendenti dalla medesima nota grave i battimenti sono nella proporzione di 3 a 4 (es.: RE1-LA1 e RE1-SOL1)
  • confrontando una quinta e una quarta discendenti dalla medesima nota acuta i battimenti sono nella proporzione di 2 a 3 (es.: Re2-SOL1 e Re2-La1)

Valgono naturalmente anche le altre combinazioni che si possono dedurre dallo schema, per esempio RE1-LA1 a terzine e SOL1-RE2 a quartine oppure DO1-SOL1 a duine e SOL1-RE2 a terzine; o ancora Re1-SOL1 a terzine e SOL1-DO2 a quartine.


Operazioni con gli intervalli e uso del cent

La teoria dell’accordatura per tutta l’antichità, il Medioevo e l’epoca moderna sino al tardo Seicento si è basata sullo studio delle proporzioni tra lunghezze di corde vibranti.
Queste proporzioni sono perciò espresse come frazioni, grazie alle quali si possono ricavare le lunghezze d’onda. Si tenga presente che sommare intervalli significa moltiplicare fra loro le proporzioni e sottrarre corrisponde a dividere i rapporti.

Ad esempio se dall’ottava togliamo la quinta l’intervallo che rimane è una quarta. L’operazione è descritta matematicamente come la divisione fra le due frazioni che indicano gli intervalli, cioè 2/1 : 3/2, ossia 2 x 2/3 = 4/3.

I calcoli sono a volte molto complessi. Per ottenere la ripartizione dell’ottava in intervalli molto piccoli si deve ricorrere all’estrazione di radice. Ad esempio per calcolare la proporzione del semitono rispetto all’ottava, volendo che essa sia divisa in dodici parti uguali, dobbiamo estrarre la radice dodicesima di 2.

Dal XVIII secolo, grazie alla diffusione di tavole precalcolate, si cominciò a studiare queste relazioni con i logaritmi, che consentono di semplificare le operazioni. Nel secolo successivo, quando si affermò definitivamente il sistema equabile, si introdusse il cent, inteso come la 1200 parte dell’ottava. Il semitono del sistema equabile ad esempio è largo 100 cents. Usando questa unità, gli intervalli possono essere studiati come se fossero grandezze lineari. Dunque la somma di due semitoni è pari a 100+100=200 cents, la metà dell’ottava è 1200/2=600 cents, e così via.


Il sistema pitagorico

La scala pitagorica è concepita secondo il principio della tetraktis, che stabilisce una precisa gerarchia tra i numeri interi 1-2-3-4.
Le note sono generate a partire dalla frequenza di base fatta pari a 1. L’ottava risponde al 2, la quinta al 3/2, la quarta al 4/3. La successione di quinte pure porta a individuare tutte le altre note. Ovviamente è possibile salire oppure scendere di quinta.

Le prime sette note salendo sono Fa-Do-Sol-Re-La-Mi-Si. Come sapete, se continuo a salire costruisco l’ordine dei diesis, se invece espando la serie verso il grave scendendo dal Fa, costruisco l’ordine dei bemolli. L’ottava è ottenuta raddoppiando la frequenza, l’ottava dell’ottava corrisponde al doppio del doppio, cioè 2^2, e così via la serie delle ottave è data dalle potenze di 2. La quinta è calcolata moltiplicando la frequenza per 3/2 e analogamente la quinta della quinta corrisponde a 3/2*3/2, cioè (3/2)^2, perciò la serie delle quinte è data dalle potenze di 3/2. È evidente che la serie delle potenze di 2 e quella di 3/2 non si intersecano, e perciò la successione delle quinte pure procede all’infinito sia salendo che scendendo. Dopo le prime 12 note, si approda a una nota, il Si#, che non coincide con la nota di partenza, ma risulta più acuto. Analogamente, iniziando dal Do e scendendo per quinte, si trova il Dob, che è più basso della nota iniziale.

L’intervallo fra i due estremi del giro di dodici quinte è detto comma pitagorico o comma ditonico. Esso è pari alla “differenza” fra l’intervallo di 12 quinte e l’intervallo di 7 ottave cioè 23.5 ¢
Procedendo, si genera l’ordine enarmonico e, ancora oltre, alla 53 quinta, il circolo è quasi chiuso, perché la nota raggiunta è a soli 3.5 cents di distanza dalla nota di partenza.

Costruiamo la scala diatonica pitagorica dal Do:

Volendo trovare il valore di diesis e bemolli, si continua nella successione di quinte nelle due direzioni. Ad esempio il Sib è ottenuto come quarta della quarta, cioè 4/3 x 4/3 = 16/9.
Si ottengono così due diversi tipi di semitono. Il semitono cromatico, ad esempio Mib-Mi, vale 113.68 ¢ ed è altrimenti noto come apotome; il semitono diatonico, Re-Mib è pari a 90.23 ¢ detto anche limma. La distanza fra questi due semitoni è 113.7 – 90.2 = 23.5 ¢ il comma pitagorico.

Da questo fatto consegue che ad esempio Mib e Re#, che si pongono agli estremi del medesimo ciclo di quinte, non coincidono e dunque la scala cromatica pitagorica non permette la circolazione completa delle tonalità, non ammette cioè l’enarmonia. Inoltre, poiché le quinte sono pure, le terze maggiori sono larghe e dissonanti.

Questo sistema fu in vigore nell’Antichità e nel Medio Evo, sino a tutto il secolo XV, è eccellente per la monodia e per la prima fase della polifonia, quando la terza maggiore non era considerata come consonanza.

Dovendo adattare il sistema pitagorico ai limiti della tastiera di 12 note è necessario snaturarlo in una quinta, che non sarà più pura, ma stretta di un intero comma pitagorico.

Uno degli esempi storicamente documentati di accordatura pitagorica applicata a uno strumento a tastiera è quello proposto da Henri Arnaut De Zwolle verso la metà del XV secolo. Egli accorda la serie di quinte pure scendendo verso l’ordine dei bemolli e partendo dalla nota Si. La quinta stretta è posta tra Si e Fa#, che per la verità è calcolato come Solb (si potrebbe però sacrificare una qualunque altra quinta, in base alle esigenze musicali).

Le quattro terze maggiori contenute entro la quinta stretta (cioè re-fa#, la-do#, mi-sol# e si-re#) sono quasi pure, perché risultano dal rapporto 8192/6561, pari a 384.36 ¢.

Quadrante di Zwolle

L’intonazione naturale

Torniamo ora allo schema della successione armonica ed elenchiamo le note ricondotte all’ambito dell’ottava iniziale: Do-Re-Mi-Sol-Si-do. Notiamo due cose: l’assenza di IV e VI grado, la presenza di note non compatibili con i modelli della tradizione occidentale, giacché il settimo armonico è un Sib molto calante, l’undicesimo è un Solb molto calante, il tredicesimo è un Lab molto crescente.
Tralasciamo lo studio di questi ultimi armonici, che richiederebbe una specifica trattazione, e che rientra nella microtonalità e nel movimento della cosiddetta “giusta intonazione”. Il IV e il VI grado nella scala naturale non sono derivati dalla serie armonica. Essi sono ottenuti “artificialmente” trasponendo la serie armonica di una quinta verso il basso.

Costruiamo la scala diatonica naturale riassumendo la teoria zarliniana, la gamma si costruisce suddividendo armonicamente prima l’intervallo di ottava e poi i due intervalli che se ne ottengono, cioè quinta e quarta

scala diatonica naturale

L’uso della scala diatonica naturale è pressochè limitato alla monodia. Problema cruciale è l’impossibilità di far coesistere due degli intevalli fondamentali: nella scala diatonica naturale di Do se si accorda pura la terza minore La-Do, come deve essere per il rapporto 6:5, la quinta Re-La non sarà mai pura, bensì risulterà stretta di un intervallo detto comma sintonico. L’ampiezza del comma si può calcolare sottraendo tale quinta stretta (40:27) dalla quinta pura (3:2), cioè

La scala diatonica naturale non è sovrapponibile alla scala diatonica pitagorica; inoltre essa non permette di trasporre a causa dei due diversi intervalli di tono: do-re, fa-sol, la-si nel rapporto 9:8 e re-mi, sol-la nel rapporto 10:9. Fu proprio questa caratteristica a stimolare la ricerca della proporzione che individua il tono medio, dividendo la terza maggiore in due parti uguali.

tono maggiore e tono minore

Accordiamo il MI con il diapason, e da questo intoniamo il DO una terza maggiore pura sotto, e quindi il SOL una terza minore sopra. Otterremo la quinta pura DO-SOL. Dal DO scendiamo di una quarta pura, accordando il SOL all’ottava inferiore. Dal MI saliamo di quarta pura, accordando il LA. Otteniamo due seste maggiori pure: SOL-MI e DO-LA. Faccio notare che le note SOL-LA sono in rapporto di 10:9, cioè l’ampiezza del tono minore. Dal SOL grave saliamo di una quinta pura al RE, creando un intervallo di tono maggiore (9:8) tra DO e RE, un tono minore tra RE e MI e una quinta stretta RE-LA, che è rappresentata dal rapporto 40:27. A questo intervallo manca un intero comma sintonico (40/27 × 81/80 = 3/2) e non è usabile in quanto molto dissonante.

Se comparato con il comma pitagorico, quello sintonico è poco più stretto, 21.5 cents contro 23.5. La differenza tra i due commi è detta schisma e vale 2 cents.


Il sistema mesotonico

Con l’Ars nova e poi nel Rinascimento cominciò ad affermarsi l’uso di terze maggiori di giusta intonazione anche negli strumenti ad intonazione fissa, come l’organo e il cembalo.
Zarlino fu uno dei principali teorici a favore della diffusione del sistema mesotonico, cioè di un sistema che privilegia l’intervallo di terza maggiore, accordato puro, temperando l’intervallo di quinta.

Infatti, volendo mantenere pura la terza maggiore DO-MI, possiamo correggere la posizione del RE, abbassandolo un po’, così da temperare la quinta SOL-RE e il tono maggiore DO-RE e allargare di conseguenza l’intervallo RE-LA e il tono minore RE-MI. In questo modo si trova il tono medio, cioè il tono che divide in due parti uguali la terza maggiore pura. Ciascuna delle due quinte è stretta di mezzo comma sintonico. Ma esse non sono ancora accettabili. Secondo Zarlino, l’orecchio non può tollerare quinte strette di mezzo comma sintonico, ma può accettare quelle temperate di un quarto. Poichè la terza maggiore è raggiungibile dopo 4 passi nel circolo delle quinte, ad esempio Do-Sol-Re-La-Mi, Zarlino propone di temperare tutte le quinte di un quarto di comma, ottenendo così una terza maggiore pura ogni quattro quinte strette.
In questo modo si ottiene un semitono diatonico (117.1 cents) che è più largo di quello cromatico (76 cents) di circa una volta e mezza.

Usando il metronomo per calibrare il numero di battimenti delle quattro quinte/quarte che formano la terza maggiore pura Do-Mi che sta alla base dell’impianto si può seguire questo schema ritmico:

battimenti di quarte e quinte che formano la terza do-mi nell’ottava centrale col sistema mesotonico a 1/4 di comma sintonico

Si nota che la sesta maggiore do-la ha quasi lo stesso numero di battimenti della quarta mi-la: tale relazione vale per tutte le seste maggiori e quarte aventi similmente la nota acuta in comune.
Con il metronomo fissato a 72 battiti al minuto si scandiscono duine per la quinta do-sol e terzine per la quarta re-sol. Poi si rallenta il metronomo a 54 battiti/minuto e sarà così possibile scandire a quartine, anzichè a terzine, la stessa quarta re-sol. La successiva quinta re-la dovrà essere scandita a terzine, che, accelerando il metronomo a 81 pulsazioni/minuto, corrispondono alla scansione a duine. Con questo stesso valore al metronono passiamo a scandire la quarta mi-la. Concluso questo procedimento, la terza maggiore do-mi deve risultare pura.
Sulle cinque note generate (do-sol-re-la-mi) si accordano le terze maggiori pure che servono a completare l’ottava: do-mi-sol#; mib-sol-si; sib-re-fa#; fa-la-do#.

In contrapposizione al sistema pitagorico nei sistemi mesotonici regolari il semitono diatonico “cantabile” è più ampio di quello cromatico “incantabile”. Ciò produce una vistosa inversione della qualità melodica di questi due intervalli rispetto alla tradizione medievale: la funzione di “sensibile” transitoria, ossia di grado alterato in una scala, è associata a una piccola inflessione, mentre quella di “sensibile” stabile nella successione diatonica è legata ad un salto più ampio.

  • Temperando le quarte/quinte di 1/3 di comma, il semitono diatonico (126.1 cents) è circa il doppio di quello cromatico (63.5 cents).
  • Temperando di 1/4 di comma, si ottiene un semitono diatonico (117.1 cents) che è più largo di quello cromatico (76 cents) di circa una volta e mezza.
  • Temperando di 1/5 di comma, si genera un semitono diatonico (111.7 cents) più largo di quello cromatico (83.6) di una volta e un terzo.
  • Si procede al sistema a 1/6 di comma (diatonico 108.1 cents, cromatico 88.6 cents).
  • Si può spingere questa procedura sino a 1/11 di comma sintonico, ottenendo un sistema regolare mesotonico equivalente al moderno sistema equabile, dato che 1/11 di comma sintonico equivale a 1/12 di comma pitagorico; sicché dopo dodici quarte/quinte il ciclo si chiude. Attraverso questi diversi gradi di temperamento il lupo è stato progressivamente ridotto sino ad annullarlo e i semitoni finiscono per avere tutti la stessa ampiezza (100 cents).

Seminario del 9 maggio 2019