L’ultimo dei dodici tientos con cui si apre l’opera di Francisco Correa de Arauxo è speciale sia per la complessa struttura formale, sia per la natura del moderno XII tono.
Nel Dodekachordon (1547) del teorico Henricus Glareanus, sono descritti oltre agli otto toni tradizionalmente riconosciuti quattro ulteriori toni, pure disposti a coppie autentico e plagale: il IX e X tono sulla nota La, XI e XII sul Do. Gioseffo Zarlino nelle Institutioni harmoniche (1558) accoglie la proposta di Glareanus, e successivamente la aggiusta con una diversa numerazione dei toni.

Correa, come consuetudine nel discorso introduttivo del tiento, provvede la seguente descrizione del XII tono:

  • numero di classificazione: XII
  • solmisazione della nota finale nei due esacordi di appartenenza: ut | fa
  • nota finale identificata con nomenclatura assoluta: F.FaUt
  • genere: semicromatico blando (1 bemolle in chiave)
  • solmisazione della scala ascendente: ut.re.mi.fa.sol | re.mi.fa (esacordi molle e naturale)

Come si nota per la presenza del si♭ in chiave, il tono di Do è trasposto alla quarta superiore.
Va comunque notato che Correa non esita ad espandere l’uso delle alterazioni: esse compaiono sia come oscillazioni all’interno del Tono d’impianto (il si♮ al posto del si♭ e analogamente il Mi♭), sia in prossimità delle cadenze, per creare cesure formali nette. Ciò gli permette di comporre brani molto estesi, tuttavia strutturalmente ben delineati, nei quali si fa meno scrupolosa l’esigenza di protrarre ininterrottamente il flusso polifonico.
Le alterazioni straordinarie (cioè non previste dal genere semicromatico blando) usate in questo Tiento sono: si♮, do♯, mi♭ fa♯, che sommate alle note naturali fanno in tutto 11 suoni.

Soggetti e materiale tematico

Il soggetto A si sviluppa entro un ambito di dieci note, comprese tra l’ottava F-f e la terza D-F sottostante. Si sviluppa in dieci battute, presentando nelle prime tre la classica forma “a gradini”, cioè due salti discendenti di quarta con salita di seconda (esacordo naturale e molle, mutazione ut | sol, solmizato fa.fa.ut | sol.la.mi). Questo stesso profilo è impiegato nel tiento IX del IX tono e, parzialmente modificato, nel XXI del VI tono.
La restante parte del soggetto è concepita come fonte degli spunti per l’elaborazione successiva: mira a definire con chiarezza l’ambito e la struttura melodica del tono, e inoltre stabilisce la ritmica del brano.
Nella quarta battuta è esposto il materiale che indico con α, in cui sono fondamentali il salto di terza minore solmizato con le sillabe sol.mi e i due incisi ritmici: la scaletta di quarta ascendente a crome in levare solmizata (re.mi.fa.sol e quella di quinta discendente a semicrome sol.fa.mi.re.ut).
Nella quinta e sesta battuta l’ambito di ottava F-f è chiaramente delimitato dal salto ascendente/discendente e dalla scala discendente, inoltre la finalis è preceduta da un gruppetto di semicrome (formula comune della clausola).
Nella settima battuta compaiono un salto di terza discendente la.fa e il gruppetto di semicrome già usato a misura cinque.
Nelle battute ottava e nona indico il materiale tematico con la lettera β. Esso consiste nella linea sinuosa che scende dal Fa girando attorno al Si♭. Quest’ultimo, pur essendo nota di passaggio tra do.la.do, permane a creare il tritono con il Mi che troviamo nell’inciso seguente, copia trasposta di quello incontrato a misura quattro. Balza all’occhio il parallelismo fra i due incisi α trasposti di terza, che offre l’opportunità di creare imitazioni ravvicinate in contrappunto doppio.
Incontrare un tema così lungo è raro (non però nelle composizioni di Correa de Arauxo), tuttavia esso è talmente coerente nella struttura che il compositore lo può usare per intero, senza mai frammentarlo.

A questo tema se ne affianca un secondo (B) meno mosso ma altrettanto lungo e coerente. Il suo ambito è di un’ottava, centrata sulla finalis ed estesa una quarta sotto (fa.mi.ut esacordo naturale) e una quinta sopra (esacordi naturale e molle, mutazione la | mi, solmizato fa.sol.la | mi.ut.mi.fa.sol). Come il soggetto A anche il B si presta all’imitazione per stretti, cioè con entrate ravvicinate prima della completa enunciazione del tema. Come vedremo, Arauxo ricorre frequentemente al contrappunto per terze o seste parallele, sfruttando le opportunità presenti nel materiale tematico.

1. Esposizione

Il primo blocco formale, l’esposizione tematica, è esteso da mis. 1 a 34.
I soggetti A e B sono affidati rispettivamente a Alto e Soprano (mis. 1-10). Per quanto detto sopra, già a misura 5 le voci di Basso e Tenore possono entrare in stretto, ripetendo fedelmente il blocco dei due soggetti. A misura 11 il Soprano espone nuovamente il soggetto A come risposta (alla quinta, Do) intrecciandosi con la seconda parte del blocco A-B nelle voci gravi; quindi a mis. 17 è l’Alto a riproporre il soggetto B sfalsato di minima, contrappuntando con il soggetto A del Soprano. Il Basso, terminata l’esposizione, va in pausa; il Tenore procede usando materiale tematico dell’inciso α assieme al Soprano.
La seconda parte dell’esposizione è guidata dalle voci gravi: il Basso entra col soggetto B (come risposta alla quarta, Si♭) a mis. 22 e il Tenore propone il soggetto A a mis. 25. Le voci superiori sono libere: il Soprano si muove per terze parallele con il Basso, con l’intensificazione ritmica a glosas di semicrome sino a mis. 28 in cui una potente dissonanza interrompe il flusso armonico. Questo punto di tensione è necessario per concludere la sezione espositiva. Esso è prodotto grazie alla modificazione melodica dell’inciso α nel Tenore (esacordo duro ut.re.mi.fa.re… anzichè esacordo molle re.mi.fa.sol.mi…) e alla clausola dell’Alto con il do♯ che causa il mi contra fa.
Dopo l’improvvisa impennata ritmica-armonica, l’esposizione si chiude accennando vagamente al soggetto A nel Basso a mis. 30 e offrendo subito prima della cadenza un transitorio sbandamento con il si♮ del Tenore a mis. 32, immediatamente ripristinato in si♭.

2. Sviluppo

L’esposizione occupa circa 1/3 del brano; inizia quindi un’estesa sezione formale, dedicata all’elaborazione del materiale, articolata in varie sottosezioni. Grosso modo da misura 35 a 85 sono in gioco il soggetto B e gli incisi α e β.

2.a

In risposta alla precedente conclusione del soggetto A nel Tenore, l’Alto ripete α, seguito per due volte dal Soprano che poi si libera in un veloce passaggio di semicrome che prelude all’ingresso del soggetto B nell’Alto.

2.b

Il soggetto B è esposto in Si♭, ma a mis. 46 presenta la variante del tritono Si♭-mi per rimanere nel tono d’impianto. Nel frattempo l’inciso β comincia ad acquisire autonomia suggerito dal Soprano, poi dal Tenore e dal Basso (mis. 43-45); seguono alcune batture di imitazione fra le parti con moti paralleli di terze o di seste in attesa del nuovo ingresso del soggetto B in Si♭ al Soprano a misura 54. È interessante l’uso del si♮ a mis. 51 che sposta il centro tonale al C, assieme all’ingresso dell’inciso β con il mi♭ a mis. 52 in contrasto con il mi♮ al Basso, generando una nuova dissonanza mi contra fa.

2.c

L’inciso β è usato per numerose imitazioni che si presentano nelle altre voci mentre il Soprano esegue il soggetto B; esso poi passa al Tenore in Si♭ e quindi all’Alto in F che entra in stretto e quindi al Basso nuovamente in F. Sono particolarmente intense le dissonanze nelle battute 68-70 dove compare la triade aumentata proprio sul tono d’impianto: la prima è presa di passaggio sul levare della battuta, mentre la seconda cade sul tempo forte ed è raggiunta attraverso una sorta di cadenza frigia in cui però il Basso va in pausa. Sono da notare anche le dissonanze non preparate su tempo forte tra Basso e Tenore a miss. 70-71.

2.d

Questo grumo armonico si scioglie nelle battute successive tra le glosas del Soprano prima e del Basso poi che portano alla conclusione di questo arco formale a mis. 82. Ancora una volta le oscillazioni tra si♭/si♮ e mi♭/mi♮ caratterizzano l’instabilità armonica della sezione.

3.

Da metà della composizione sino a mis. 123 l’interesse del compositore è rivolto prevalentemente all’aspetto ritmico, e tuttavia si deve ancora registrare un’ultima sorpresa armonica con la comparsa incredibile del F♯ a mis. 89 e 122.
Anche questa seconda metà dello sviluppo è articolata in quattro sottosezioni.

3.a

L’inciso α modificato ritmicamente in due varianti ternarie (α’ e α”) è usato per costruire una zona bipartita ascendente/discendente tra mis. 82-89 con e 90-94 con importante cadenza al Basso (mi♭.re.sol).

3.b

Il soggetto A esposto in Si♭ compare al Tenore a mis. 95 mentre su esso si intrecciano in imitazione le rimanenti parti che usano l’inciso β con il suo rovescio β’ in stretto sino alla cadenza frigia di mis. 106 (anche se non è nell’edizione originale, io preferisco chiudere la cadenza con C♯ e riprendere con C♮).

3.c

L’inciso α è ancora una volta modificato mettendo in risalto ritmicamente la terza discendente sincopata e ripetuta. Soprano e Alto formano un primo blocco imitativo a distanza ravvicinata cui rispondono uguali Tenore e Basso, e quindi nuovamente Soprano, Alto e Tenore in serie di quinte discendenti (do-la, fa-re, si♭-sol).

3.d

A mis. 113 il Basso propone il soggetto A mentre il Soprano prosegue con l’inciso α ripetuto e variato. A misura 116 il Tenore propone un nuovo elemento C (semplice linea melodica discendente con note lunghe legate dal sapore neutro), che, ripreso dal Soprano a mis. 122, inaugura la sezione formale successiva con la cadenza su G.

4. Conclusione

Le battute dai 2/3 alla fine dell’opera costituiscono la chiusura e vi si trovano in successione:

4.a

Uno stretto del soggetto A nel tono di impianto tra Alto e Basso, contrappuntato da un inciso imitativo che copre l’intervallo di terza ascendente (δ).

4.b

Una dozzina di battute in cui è usata la tecnica cara a Correa dell’imitazione a terze parallele. Poiché la linea melodica del soggetto scende per gradi, sono possibili sia l’imitazione canonica alla quinta inferiore (Alto: sol – Tenore: do) sia quella all’ottava (Basso: do – Soprano: do).
Il soggetto C è impreziosito da una diminuzione a crome che spicca come nuovo inciso imitativo nell’intervallo di terza discendente (γ). Il gioco canonico è poi ripetuto, mantenendo i rapporti illustrati (Alto: do – Tenore: fa; Basso: fa – Soprano: fa). È da notare la cadenza conclusiva alle miss. 147-149 che presenta al Tenore una clausola sul do preceduto dal si♮ e quindi l’accordo di 4a e 6a sul quinto grado del tono di Fa seguito dalla clausola del Soprano.

4.c

Infine il lungo pedale sulla finalis al Tenore, il soggetto A al Soprano, e un breve passaggio diminuito conclusivo.

Manezillas

  • mis. 22: immagino sottolinei la dissonanza di settima non preparata fra Basso e Alto, presa di passaggio sul tempo forte.
  • mis. 28: mi contra fa tra Tenore e Alto
  • mis. 32: l’indice punta verso l’alterazione del si, variante nel soggetto; oppure è segnalata la successione di due settime tra Alto e Soprano, inasprita dalle due quarte consecutive che il Tenore produce sia con l’Alto sia con il Soprano.
  • mis. 67: la manezilla indica il basso, che probabilmente fa ottave parallele mascherate con l’Alto, oppure indica la quarta non preparata sul tempo forte fra Basso e Tenore.
  • mis. 68: forse è messa in rilievo la dissonanza di quarta diminuita fra Tenore e Soprano.
  • mis. 71: ottave parallele fra Basso e Tenore mascherate dalla nona di passaggio su tempo forte.
  • mis. 76: l’Alto calpesta ripetutamente il Tenore.
  • mis. 81: quarta usata come consonanza fra Basso e Tenore; Correa è particolarmente attento a questo intervallo, al cui trattamento non perde occasione di dedicare interessanti esempi.
  • mis. 84: nella seconda minima si forma un accordo di quarte sovrapposte, pur di passaggio, che è il fulcro dell’incrocio tra Soprano re-do-si♭ e Basso si♭-do-re mentre Tenore e Alto tengono fa e si♭.
  • mis. 90 e 92: quarta usata come consonanza sulla seconda minima tra Basso e Tenore/Alto prima e tra Basso e Tenore/Soprano poi.
  • mis. 139: nuovamente la quarta è usata come consonanza nella seconda minima tra Tenore e Alto.
  • mis. 143: la ragione della manezilla mi è oscura, probabilmente dalla mia prospettiva non riesco a cogliere nulla di rimarchevole, se non le dissonanze di passaggio (forse le ottave parallele mascherate fra Basso e Alto, ma già comparivano nella misura precedente non segnalate fra Tenore e Soprano).
  • mis. 151: forse Correa attira l’attenzione sul mi♭ usato per modulare provvisoriamente al tono di Si♭.

Altre annotazioni

Arauxo non segnala le due ottave consecutive prese per moto contrario fra Basso e Alto a cavallo tra le misure 58 e 59: o sono sfuggite o sono forse tollerate perché l’Alto presenta l’inciso imitativo, cioè materiale importante.
Inoltre a misura 106 l’Alto compie un salto di quinta re-la e forma con il Basso una settima non preparata: sicuramente il fatto che nella battuta precedente la nota che diviene poi settima è già stata raggiunta sul tempo forte e figura come nota buona all’interno di una diminuzione a crome può giustificare la forzatura delle regole compositive, soprattutto considerando che la musica per tastiera gode di molte più licenze che la polifonia vocale.
Da ultimo richiamo l’attenzione a misura 125, l’ingresso del Tenore avviene in 9 sul Basso.

Per seguire il brano, condivido una moderna trascrizione in partitura, basata sulla copia dell’edizione originale disponibile on-line nella biblioteca Petrucci e sull’ormai vecchia edizione (emendata da alcune sviste) curata da Macario Santiago Kastner per l’Istituto spagnolo di musicologia (Barcellona, 1948-52).

L’esecuzione che propongo è quella pubblicata da Brilliant Classics nel 2018 e registrata nel 2017 da Francesco Cera all’organo rinascimentale conservato nella chiesa di Santa Maria in Garrovillas de Alconétar in Spagna.

Francisco Correa de Arauxo, Tiento XII del XII tono