Cappella dell’Annunziata, Avellino

Oratorio dell'Annunziata, Avellino

Si è concluso nel mese di ottobre 2012 il restauro dell’organo positivo conservato nell’oratorio dell’Annunziata, presso palazzo Amoretti ad Avellino.

Lo strumento è attribuibile a un anonimo organaro campano del secolo XIX: sul fronte dell’ultimo ventilabro a destra nella secreta è scritta ad inchiostro nero la data 1855 | P. I.
Alcune modifiche novecentesche sono attribuibili all’organaro d’Orsi (o d’Urso) di Solofra che firma il proprio intervento sul condotto portavento presso il raccordo con la secreta del somiere: Accomodato per lire 200 | con la pedaliera | ai 24/11 1920 | Cav. d’Orsi e figlio.
Pubblico di seguito un estratto dalla relazione conclusiva.

La cassa

L’organo è contenuto in una cassa lignea ad armadio, staccata dal muro, dipinta, composta da due comparti: il basamento e il corpo. Quest’ultimo contiene i somieri con le canne, le parti della trasmissione e la tastiera.

Il prospetto

Il prospetto è composto da tre campate con profilo piatto, delimitate da quattro lesene collegate da tre semplici asticelle. La cassa è impreziosita da un frontone ad arco spezzato. Il prospetto è chiuso da due sportelli simmetrici, ciascuno diviso in due sezioni di diversa altezza, ruotanti su cardini di ferro battuto e fermati da semplici ganci di ottone.
La cassa superiore al momento dello smontaggio era priva della chiusura posteriore, del soffitto e della maschera frontale. Quest’ultima è stata ricostruita di pioppo e dotata di un leggìo fisso.
La facciata è costituita da 19 canne di stagno, distribuite su un unico ordine di tre campate secondo lo schema a tre cuspidi di 7 – 5 – 7, con canne maggiori al centro e minori ai lati; esse appartengono al registro di Principale e la maggiore è il Mi2 lungo poco più di 3 piedi. Il labbro superiore è a mitria, l’inferiore a semicerchio, i piedi hanno altezza variabile in modo che le bocche formino un arco concavo, contrapposto all’andamento delle cuspidi.

La manticeria

I mantici erano perduti; si conservavano due condotti portavento di pioppo tra il somiere e il basamento, un raccordo di castagno con finestrella di ispezione, e un condotto dotato di due bocchette di raccordo ai mantici.

La tastiera e la pedaliera

La tastiera è fissata sul basamento della cassa. Il manuale ha 50 tasti (Do1-Fa5) con prima ottava corta. Il telaio è di noce, i tasti sono di abete con riporti di noce nei punti di passaggio dei perni. Le leve sono fulcrate in coda e guidate frontalmente. Le guide sono di ferro, guarnite con feltro e pelle. I diatonici sono ricoperti con osso di spessore sottile (mediamente inferiore a 2 mm) e il frontalino dei tasti è semplice, diritto. I rialzi dei tasti cromatici sono di ebano, con troncatura frontale leggermente inclinata (circa 5°).

  • Misure esterne del telaio in mm:753 × 415 × 18
  • Larghezza totale esterna Do1-Fa5: 694 mm
  • Distanza esterna Do1-Si1 (ottava corta): 116 mm
  • Stichmass (Do2-Si4): 485 mm
  • Lunghezza media della placcatura dei tasti diatonici: 141, suddivisa in due sezioni di 99 e 42 mm
  • Lunghezza media del rialzo dei tasti cromatici: 98 mm
  • Rialzo dei tasti cromatici: 11 mm
  • Altezza del frontalino dei tasti diatonici: 17 mm
  • Corsa dei tasti: circa 8 mm

La pedaliera a leggìo è di fattura moderna, realizzata con materiale di fortuna: abete, noce, castagno e pioppo. È attribuibile all’intervento di d’Orsi nel 1920, come la piccola riduzione di ferro, di soli 7 catenacci, che si trova sotto la tastiera, nell’incavo del basamento. Le note Do1 e Re2 sono collegate direttamente. L’ingombro complessivo della pedaliera è di circa 490 × 335 × h. 180 mm

Tavola dei registri

I registri sono azionati da tiranti a pomello, fuoriuscenti da una tavoletta di castagno a destra del manuale allineati in due colonne verticali. I pomelli sono di ottone. I tiranti sono di ferro forgiato come i catenacci, che sono vincolati alla tavola di pioppo mediante coppie di blocchetti di noce avvitati. Non ci sono indicazioni di registro sulla tavola. Il Tiratutti aziona un “pettine” di noce che inserisce e disinserisce i quattro registri del Ripieno (VIII, XV, XIX, XXII).

La disposizione fonica è come segue:

Principale [8′]Voce Umana [8′] (crescente, da Do3)
Ottava [4′]Flauto in XII [2.2/3′] (cilindrico, da Do2)
Decimaquinta [2′]
Decimanona [1.1/3′]
Vigesimaseconda [1′]
Tiratutti

Le catenacciature

L’organo positivo ha trasmissione meccanica sospesa. La catenacciatura della tastiera, originale, presenta numeri progressivi a inchiostro nero sul lato superiore (verso il somiere) e su quello inferiore (verso la tastiera). La tavola è di pioppo, mentre i catenacci sono di ferro forgiato e sono fissati con occhielli di ferro.
I catenacci sono punzonati con numerazione romana.
Il collegamento tra la catenacciatura e il somiere di basseria con le prime 8 canne di legno del Principale avviene mediante una seconda serie di catenacci con i bracci ruotati di 90°, che inviano il moto alla catenacciatura secondaria. Questa è dotata di catenacci analoghi ai precedenti, che trasmettono l’azione a 8 pironi di legno dotati di terminali di ferro per aprire i ventilabri passando attraverso la tavola del somiere ausiliario.

I somieri

Il somiere maestro “a tiro” è costruito con un’unica tavola di noce con canali scavati, stecche cuneiformi di noce, coperta di noce divisa in due sezioni longitudinali fermata da viti. I canali sono chiusi da listelli di faggio su cui è applicata carta pesante. L’ordine delle stecche sul somiere dalla facciata al fondo è come segue: Principale, Voce Umana, Ottava, Flauto in XII, XV, XIX, XXII.
La secreta è di pioppo e ha due antine di noce, ciascuna con due pomelli di ottone per l’apertura. Esse sono fissate alla tavola inferiore della secreta mediante strisce di pelle incollate. Sono tenute chiuse da naselli di noce inchiodati sulla cintura del somiere. I ventilabri sono di pioppo, doppiamente impellati e incollati direttamente sulla tavola; sono numerati a inchiostro anteriormente. I tiranti entrano nella secreta attraverso il fondo guarnito semplicemente con una striscia di pelle forata. I ventilabri sono tenuti in posizione da spilli d’ottone posti ai lati. L’ordine dei canali da sinistra a destra guardando la facciata è come segue (sono sottolineate le note in facciata):

1-3-5-7-9-11-28-24-20-18-22-26-30
50-48-46-44-42-40-38-36-34-32-16-14-13-15-17-33-35-37-39-41-43-45-47-49
29-25-21-19-23-27-31-12-10-8-6-4-2

I numerosi trasporti nelle coperte sono stati scavati con lo scalpello per una profondità di circa 17 mm. A mezzo fra coperta posteriore e anteriore sono ricavati due trasporti a sinistra, uno al centro e altri due a destra, per alimentare le canne di Ottava (ai lati) e di Flauto (al centro): essi sono sigillati fra le due coperte con pelle molto sottile e colla garavella. Ci sono tre “polpette” incollate sulle coperte per alimentare ai lati le canne Do1 e Re2 della XV e nella zona mediana destra una canna della Voce Umana (Fa#4).
L’ingombro complessivo del somiere in pianta è di 1382 × 396 mm e il manufatto è perfettamente alloggiato nella cassa, sostenuto da due squadre di pioppo fissate con chiodi al lato interno sinistro della cassa e da due supporti di pioppo ancorati al basamento nella parte destra. Due viti d’ottone passanti nel fianco destro della cassa all’altezza della coperta lo immobilizzano.
La tavola di noce massello ha uno spessore di 51 mm, e misura 1254 × 336 mm. I canali sono scavati mediante scalpello. Sono lunghi 289 mm e profondi mediamente 30 mm.

Il crivello è di pioppo. È ancorato al somiere mediante 8 piedini di pioppo inchiodati e avvitati sulla coperta nella metà posteriore e vincolato alle due paraste centrali del prospetto nella metà anteriore.
La tavola del crivello è di forma approssimativamente rettangolare, lunga 1207 mm con larghezza massima nei punti di ancoraggio alle paraste, 366 mm a sinistra e 372 mm a destra. Lo spessore è di 8 ˜ 9 mm; l’altezza totale dei sostegni è di 230 mm (10 mm circa di piede e 220 mm di gambo).

Le canne

Le canne metalliche interne sono di buona fattura, costruite in lega di piombo con poco stagno. La lastra è di consistenza molto tenera, piallata su ambedue i lati; si sono riscontrate sfogliature che fanno pensare a trafilatura del metallo. Le canne di facciata sono di stagno, con lastra molto sottile.
La lunga esposizione all’umidità, alla polvere e al guano degli uccelli che hanno infestato la cantoria per decenni ha contribuito alla formazione di uno strato superficiale di metallo degradato e fragile che rende molto delicate le canne. Al momento del restauro presentavano gravi danni di schiacciamento e ammaccature, in particolare le canne di facciata; in queste tuttavia le tracce di “cancro dello stagno” sono minime e localizzate prevalentemente nella zona della legatura.
Le canne di legno di castagno presentavano scollature e fessurazioni. I danni maggiori sono imputabili a maldestre accordature a squarcio e spostamenti di nota.
Tutte le canne interne di metallo hanno le bocche poste sotto il crivello, i piedi hanno lunghezza crescente dal grave all’acuto.

disegno in pianta delle due coperte

INTERVENTI DI RESTAURO E RICOSTRUZIONE

Somiere

Il somiere e tutte le parti lignee sono state accuratamente pulite e sottoposte a trattamento antitarlo. Il somiere è stato aperto e smontato, conservando le viti originali. La tavola, le stecche e le coperte sono state ripulite e rettificate a mano. Ampie zone della tavola e delle coperte, specialmente nella metà anteriore del somiere, hanno subito un forte degrado imputabile all’umidità: le viti ossidate si sono cementate con il legno, rendendo necessaria l’estrazione mediante allargamento del foro. Una volta estratte le viti, si è provveduto alla chiusura dei fori con tasselli di noce. Il bordo anteriore della coperta era gravemente compromesso dall’azione del tarlo: si sono ricostruiti l’angolo anteriore sinistro e la parte centrale del margine, conservando fin dove possibile i canali di alimentazione delle canne di facciata.
Sul fronte del somiere, dove sono ricavate le antine della secreta, la tavola era già stata riparata in passato con l’incollaggio di una tavoletta di noce di 12 ˜ 14 mm di spessore. Questa si era completamente scollata a causa dell’umidità ed era fortemente attaccata dal tarlo. È stata perciò staccata, pulita e riparata, quindi incollata nuovamente alla cintura.
I canali sono stati sottoposti a bagno di colla animale liquida per impermeabilizzarli. I tasselli di faggio che chiudono i canali sono stati ricostruiti quando irrecuperabili.

I ventilabri sono stati puliti, rettificati e reimpellati. Numerose integrazioni si sono rese necessarie: l’umidità ha intaccato gli occhielli di ferro, rendendoli fragili e in molti casi distruggendo il legno circostante.
Tutte le vecchie guarnizioni di pelle sono state sostituite. Durante le operazioni di montaggio si è usata esclusivamente colla a caldo. Le viti che fermano le coperte alla tavola sono state disossidate, lubrificate e ricollocate nelle proprie sedi, mentre il fondo della secreta è stato fissato alle pareti con chiodi guarniti con cuoio. Le molle, i ganci e i tiranti di ottone sono stati ricostruiti con filo d’ottone crudo di sezione uguale a quella degli originali.

Crivello

Il crivello è ben conservato. Si è provveduto a consolidare la tavola di pioppo con bagno in soluzione di acetone e paraloid, a stuccare i fori e le gallerie prodotte dai tarli, a distendere le fibre del legno per mezzo di vapore, così da rimettere in forma la superficie imbarcata in alcune zone. I piedini di sostegno del crivello sono stati in parte ricostruiti e resi solidali al crivello stesso con chiodi e colla animale.

Catenacciature

I catenacci dei registri sono stati ripuliti, disossidati, lubrificati con miscela di cera e graffite e fissati alla tavola.
Quattro tasti comandano direttamente i ventilabri. I pironi del somiere di basseria sono stati puliti e dotati di nuovi terminali di ottone.

Tastiera e pedaliera

La tastiera conservatasi è di mediocre fattura. L’esposizione all’umidità ha portato al completo scollamento dei riporti di noce in prossimità dei perni di guida in coda e di molte placcature d’osso. Il frontalino del Fa5 è stato ricostruito perché mancante. Dopo la pulizia, i rialzi dei tasti cromatici apparivano fessurati o addirittura scheggiati. Si sono stuccate tutte le crepe e si sono fissati quelli scollati. Si è ricostruito l’occhiello dell’ultimo tasto, che era spezzato.
Il modiglione destro di noce è stato ricostruito in copia da quello sinistro.
Il frontalino della tastiera e la sottile cornice anteriore sono stati ricostruiti di noce.
Si sono ricostruiti i tre occhielli di ottone che fissano la barra di ritenzione in coda ai tasti, e si è rinnovata la guarnizione di feltro tra questa e i tasti.
Si sono anche sostituite le guarnizioni di feltro e pelle poste sotto i tasti rispettivamente in coda e in testa.
Il telaio è stato pulito, consolidato e stuccato. Si è sostituito un perno di guida in coda del penultimo tasto e nella zona centrale un perno di guida in testa.
Il telaio della piccola pedaliera è stato pulito, consolidato e stuccato. Nel lato destro si sono fatte due integrazioni, inoltre la tavoletta su cui sono fissate le molle è stata sostituita. I pedali sono stati smontati, puliti e consolidati. Tre leve sono state ricostruite interamente, una è stata integrata. Le due verghette di ferro che servono da guida ai pedali sono state disossidate e lubrificate. Per attenuare il rumore, si è guarnita con pelle la zona di battuta delle leve nella mascherina. Le molle sono state ricostruite d’ottone crudo.

Manticeria

I mantici sono collocati esternamente alla cassa: si sono rinvenuti nel basamento solo i condotti che raccordano i mantici al somiere. Essi non erano contenuti nella cassa, poiché le dimensioni del basamento e la rientranza della pedaliera non lo permettevano. Si è riscontrato che nel condotto originale di castagno, recante le due bocche di raccordo con i mantici, la luce dell’apertura combacia con quella nel basamento della cassa. Ciò ha permesso di collocare nella giusta posizione i tratti del condotto e ha fornito indicazioni relativamente agli ingombri.
I due nuovi mantici a libro con cinque pieghe interne sono stati costruiti in copia da modelli storici, con tavole di pioppo, stecche di faggio, maniglioni e rinforzi di castagno, guarniti con pelle di montone conciata in bianco e strisce di lino. Le fasce posteriori sono di cuoio. Per l’assemblaggio sono stati usati colla liquida animale e chiodi. L’ingombro di ciascuna tavola è di circa 1100 × 510 mm.
Il tratto del condotto portavento originale posto sotto i mantici fu costruito utilizzando una canna di castagno: di essa è conservato parte del labbro superiore della bocca. È lungo 1110 mm con una sezione esterna di 145 × 132 mm, la luce dell’apertura di raccordo è pari a 107 × 107 mm
Le due zavorre creano una pressione di 47 mm in colonna d’acqua. Oltre all’azionamento manuale, la manticeria è dotata di un elettroventilatore, collocato dietro lo strumento in una cassa isolata e dotato di valvola di regolazione a tendina.

CENSIMENTO, SCHEDATURA E RIORDINO DELLE CANNE

Dopo aver pulito e rimesso in forma le canne, si è provveduto al loro censimento e riordino sulla base delle progressioni di diametro. Nelle operazioni di intonazione e accordatura si è cercato di rispettare il più possibile il materiale fonico, provvedendo ove necessario a richiudere i margini delle finestre di accordatura (tagli e sforbiciate antiche) e allungando i corpi per recuperare un corista e un sistema di accordatura stilisticamente compatibili con lo strumento.

Le canne di castagno sono state accuratamente pulite e consolidate con colla animale, sono stati richiusi i fori d’accordatura praticati col trapano nel corso d’interventi antichi e sono state ricostruite le parti mancanti o distrutte dal tarlo (fondo e piede).

Essendo andate disperse, si sono dovute ricostruire tre canne di stagno della facciata.

Si distinguono due gruppi di canne metalliche: un primo gruppo omogeneo per fattura e misure sembra databile al secolo XVIII: probabilmente si tratta di un recupero o riutilizzo di materiale preesistente. Queste canne hanno misure piuttosto strette, secondo la tradizione campana. Il secondo nucleo invece ha misure decisamente più larghe, e si presenta solo a partire dalla lunghezza di ½ piede.

Le canne appartenenti al nucleo probabilmente settecentesco hanno lastra di colore grigio scuro, più spessa rispetto alle altre, anime sobriamente dentate e piatte, con margine frontale tagliato obliquamente. Le canne appartenenti al nucleo ottocentesco hanno lastra di colore grigio, più sottile, alterata e in certi casi sfogliata.

Le canne più lunghe del nucleo antico furono accordate con il sistema del riccio, mantenendo così le lunghezze originali dei corpi. Nel corso della preintonazione è emerso che il sistema di accordatura di queste canne presentava alcuni intervalli di terza maggiore molto consonanti. Ciò induce a ipotizzare che fosse del tipo mesotonico, fra i più diffusi in Italia. Tuttavia, queste terze maggiori eufoniche si sono riscontrate in tonalità con molte alterazioni, mentre quelle meno consonanti apparivano nelle tonalità più semplici. Ciò fa supporre che il corista fosse un semitono più basso dell’attuale. A sostegno di questa ipotesi va anche il fatto che le canne del nucleo ottocentesco iniziano dal Do di ½’: è cioè probabile che il nucleo antico sia stato adeguato al nuovo corista più alto senza essere tagliato, ma semplicemente scalato indietro di un semitono. Dunque il nucleo antico apparteneva forse a uno strumento con accordatura del tono medio, con l’estensione classica di 45 note (Do1-Do5 e prima ottava corta), accordato sul La di 415 Hz.

Questa complessa situazione tuttavia non presentava sufficienti elementi per giustificare l’adeguamento del nucleo di canne più recente a quello più antico. Anzi, si è ritenuto di conservare l’impianto ottocentesco, con la discontinuità rilevata nella successione dei diametri a partire dalla lunghezza di ½ piede, mantenendo intatta anche la lunghezza dei corpi delle canne più antiche, dotate già in passato dell’apposito “riccio” d’accordatura. La lunghezza dei corpi delle canne di legno e un discreto numero di canne metalliche (facciata, flauto, voce umana) accordate senza allungamenti avvallano questa scelta.

La pressione del vento è di 47 mm in colonna d’acqua; la frequenza del diapason è A3 = 442 Hz a 21° C; l’accordatura è stata effettuata usando un sistema ben temperato, non regolare: esso permette l’uso di tutte le tonalità, mantenendo però quella sensibile caratterizzazione in rapporto al numero di alterazioni in chiave, che si perde col moderno sistema equabile.
Le canne non presentano segnatura alcuna.
La facciata è accordata mediante riccio e finestre (forse non originali data la scarsa cura con cui sono state tagliate) aperte longitudinalmente nella sommità posteriore delle canne: la lunghezza dei corpi indica un corista molto calante rispetto a quello delle canne interne e di basseria. Si è perciò preferito conservare la situazione attestata, senza abbassare il corista dell’intero corpus fonico. I fregi di contorno delle campate seguono l’andamento delle altezze delle canne e stabiliscono così il limite di lunghezza dei corpi, assunto come riferimento nella ricostruzione delle canne mancanti del prospetto. Gli allungamenti minimi, al di sotto di un millimetro, sono dovuti alla necessità di ripristinare il taglio sommitale del corpo, rovinato dalle ripetute accordature antiche, spesso condotte a mezzo di forbice.

Pubblico la relazione, con schedatura e rilievi dimensionali.


Restauro di un positivo from Nuova Musica Antica on Vimeo.

Avellino, cappella della congregazione dell’Annunziata presso palazzo Amoretti, sede della CCIA in piazza duomo. Saggio sonoro dei registri e di alcune loro combinazioni. Restauro completato nel mese di ottobre del 2012 da Nicola Ferroni.