Ogni tanto fa bene al cuore tornare a casa, e rivedere i luoghi da cui siamo partiti, e riconoscere le voci amiche…

…e confidare nella saldezza del canto fermo…

…e dare libero corso alla fantasia. Molto intenso l’apice alle parole “et spiritui sancto”, 2:55, quando la splendida voce di Claire Lefilliâtre, inerpicandosi attraverso dissonanze, si libra alta sopra gli accordi immobili e poi scende con due appoggiature glissate.
Un’analogia spontanea viene alla mente: i gesti eloquenti, le arcate funamboliche e le esclamazioni drammatiche del violino solista nelle sonate del primo Barocco italiano (Fontana, Marini, Castello, Uccellini).

Nell’Italia tardo-rinascimentale il contrappunto alla mente era frequentemente impiegato, come testimoniano i maggiori trattatisti, non solo nell’insegnamento ma anche nella liturgia ed era associato alla pratica della diminuzione, ossia il riempimento e la fioritura degli intervalli semplici attraverso figure melodiche di durata più breve.
La sovrapposizione delle parti polifoniche è regolata dalle leggi del contrappunto alla mente, meno rigide di quelle del contrappunto alla cartella: durante l’improvvisazione potevano generarsi dissonanze inattese. I complessi meccanismi della solmisazione e la mancata identificazione delle cadenze potevano indurre in errore i musicisti.

Nello stesso Compact Disc Vincent Dumestre ci porta a scoprire la polifonia della Controriforma, la metamorfosi che la musica vocale di Monteverdi dovette subire quando, spogliata dai madrigali profani, fu rivestita con testi sacri.

Contrappunto alla mente