L’esacordo e la solmisazione

I primi organi a canne sono documentati sin dall’antichità, tuttavia l’aspetto della tastiera si definì gradualmente nel tardo Medioevo. Le fonti iconografiche medievali mostrano ad esempio organi portativi dotati di una bottoniera, una sorta di tastiera diatonica, cioè senza i tasti neri, o talvolta con un solo tasto cromatico.
Ciò è dovuto al fatto che il repertorio musicale del Medioevo e la polifonia modale antica sono sostanzialmente diatonici.
Mi voglio soffermare un po’ su questo argomento, per chiarire come la tastiera arrivò alla forma attuale.
I teorici medievali descrivono la grammatica del linguaggio modale attraverso la teoria degli esacordi, e usano la tecnica della solmisazione per indicare le note e gli intervalli.
Per inciso, ricordo che nel sistema pitagorico il tono è un intervallo con rapporto costante di 9:8. Il semitono diatonico è detto limma ed è indicato con il rapporto costante di 256:243.
Semplificando molto il discorso, l’esacordo è l’espediente mnemonico usato per definire una successione diatonica che abbraccia una sesta maggiore, con un solo intervallo di semitono posto al centro: due toni + un semitono + due toni. Questi sei gradi sono chiamati con le sillabe ut, re, mi, fa, sol, la. Esse perciò indicano le altezze relative delle note all’interno dell’esacordo. Sicché il semitono diatonico cade sempre tra le sillabe mi-fa. Il tono invece può essere cantato con le sillabe ut-re, re-mi, fa-sol, sol-la. La terza minore usa le sillabe re-fa oppure mi-sol, mentre la terza maggiore si solfeggia ut-mi oppure fa-la; e così via.
Il sistema, nato nel contesto del canto gregoriano, continuò ad essere usato anche dai polifonisti.
Nel XVI secolo i teorici Glareano e Zarlino codificarono un più vasto sistema di dodici toni: gli otto toni originari (quattro autentici e quattro relativi plagali, impostati sulle quattro note Re, Mi, Fa, Sol) più i quattro nuovi toni (per analogia due autentici e due plagali, impostati su Ut e La).
Quando la linea melodica travalica l’ambito dell’esacordo, oppure quando si vuole indicare un intervallo non contemplato dalla serie come ad esempio la sesta minore o il tritono, è necessario ricorrere alla trasposizione dell’esacordo, secondo opportune regole. Questo procedimento si chiama mutazione.
Per evitare confusione fra le sillabe della solmisazione (che sono sei) e quelle del solfeggio moderno (che sono sette con l’aggiunta del si), indicherò la frequenza o “altezza assoluta”, rappresentata dalle note della tastiera, con il sistema alfabetico, per mezzo delle lettere da A a G.
Le trasposizioni in uso sono due. Quella alla quinta superiore, esacordo duro, abilita l’uso del B “duro” e il semitono diatonico B-C; quella alla quarta superiore, esacordo molle, abilita l’uso del B “molle”, con il semitono diatonico A-Bb.
Quindi uno stesso tasto riceve diverse sillabe di solmisazione a seconda dell’esacordo in cui è inquadrato.
Dopo la mutazione le sillabe della solmisazione identificano i gradi del nuovo esacordo, non più quelli originari. Per esempio nel primo tono la scala ascendente è solmizata re-mi-fa-sol/re-mi-fa-sol con mutazione dall’esacordo naturale a quello duro, mentre la stessa scala discendente è solmizata sol-fa-mi/la-sol-fa-mi-re con la mutazione opposta.
Questo schema di trasposizioni, unito ad altre regole più complesse, permette di identificare tutti gli intervalli in uso nella cosiddetta “musica recta”.
Tuttavia esso nasconde in sè un nuovo intervallo, il semitono cromatico Bb-B, posto fra i due esacordi molle e duro, fra loro disgiunti. Pur essendo stato studiato e applicato nel Trecento da Marchetto da Padova, esso rimase a lungo ai margini del nostro sistema musicale. Ulteriori passi furono compiuti nel secolo successivo espandendo l’ordine cromatico con l’uso caratteristico del semitono in cadenza. Ad esempio nel Primo Modo la nota Do che precede il Re finale è normalmente alterata in Do# nelle clausole. Per solmizare questo semitono diatonico correttamente con le silabe distintive mi-fa è perciò necessario ricorrere ad un immaginario esacordo trasposto sulla nota A. Da qui viene appunto la definizione di “musica ficta”, musica in cui è necessario figurarsi esacordi provvisori al di là della normale prassi della mano guidoniana.
Similmente si introdussero anche il Fa# e da ultimo il Sol# per le cadenze su altre note. A questi tre diesis vanno sommati Sib e Mib usati nella cosiddetta cadenza “frigia” oppure per evitare il tritono. In questo caso per indicare il semitono diatonico discentente la solmisazione ricorre alle sillabe fa-mi oppure fa-la in relazione alle caratteristiche della linea melodica.
Dato questo contesto, la tastiera assunse gradualmente l’aspetto attuale con 7 note diatoniche per ottava e 5 note cromatiche, per un totale di 12 suoni. Quindi l’ampliamento della tastiera all’ordine cromatico prevede l’aggiunta di 3 diesis e 2 bemolli soltanto.

Considerazioni sul temperamento