Analisi dei parametri
Procedendo molto schematicamente, diremo che il timbro di un registro è determinato dalla scala o regola di taglio che impone precisi rapporti dimensionali alla singola canna e all’intera serie: una volta stabilito il diametro della prima canna, si ricava la larghezza di bocca dal rapporto (costante o variabile) di quest’ultima con il diametro e quindi si ricava l’altezza di bocca dal rapporto (costante o variabile) di essa con la larghezza, poi si può calcolare approssimativamente la lunghezza del corpo (in base a lunghezza d’onda e diametro); ne deriva che tutti gli elementi sono in rapporto fra loro e dipendono dalla scelta del taglio del registro.
La progressione del registro è solitamente impostata in modo da ottenere il dimezzamento del diametro non all’ottava ma alla decima o addirittura oltre, alla dodicesima (per guadagnare in sonorità e continuità di timbro si possono adottare regole di progressione variabile).
Per fare un esempio, in una canna di 2′ e di 38 mm di diametro, la bocca sarà larga 30 mm circa (1/4 della circonferenza) e potrebbe essere alta 1/4 della larghezza, cioè mm 7,5.
Una volta determinati in fase di progettazione e costruzione i parametri fondamentali, gli elementi su cui si basa l’intonazione sono fissati per un’intera sezione dello strumento: la pressione del vento, l’altezza di bocca in rapporto alle misure della canna, la densità e profondità di denti sull’anima, l’assetto dell’anima e del labbro superiore (scudo), l’apertura del foro del piede e della luce (spazio fra labbro inferiore e bordo dell’anima).
Altri elementi influiscono sull’intonazione: lo spessore della lastra e dell’anima della canna, lo spigolo dell’anima, la presenza di finestre di accordatura (con o senza traversetto) o di fascette elastiche, e da ultimo il tipo di somiere (a canali per tasto o a canali per registro), non dimenticando che anche la disposizione delle canne (specialmente dei flauti a largo diametro e delle canne tappate di legno) e il sistema di accordatura contribuiscono al risultato fonico.
Poiché l’intonazione è un’operazione piuttosto complessa, credo sia opportuno affrontare il problema prendendo in considerazione pochi argomenti per volta e fissando momentaneamente le altre variabili.
Variazione dell’altezza di bocca in relazione alla pressione
L’incremento di pressione, a parità di condizioni, comporta l’aumento dell’intensità sonora, con importanti modificazioni del timbro (cioè della composizione armonica del suono), ma ciò non avviene proporzionalmente: aumentare la pressione oltre un certo limite senza restringere il foro del piede o la luce intensifica molto l’armonico di ottava a scapito del fondamentale (la canna ottavizza); contemporaneamente la maggiore energia sonora in gioco può mettere in risonanza le pareti del corpo della canna, e ciò può pregiudicare la stabilità dell’emissione. Quindi, se per esempio alziamo la pressione da 45 mm a 80 mm in colonna d’acqua, sicuramente per riportare la canna ad emettere il fondamentale se ne deve alzare la bocca, modificando il rapporto originale di 1/4 in 1/3 o poco meno. Questo è ciò che spesso si incontra in strumenti antichi, portati a pressione superiore in seguito all’introduzione di nuovi registri o a modifiche della trasmissione dal sistema meccanico a quello pneumatico, o semplicemente per “aggiornare” la fonica a gusti moderni.
D’altro canto se manteniamo costante la pressione e contemporaneamente alziamo la bocca, otteniamo un impoverimento del suono, cioè l’indebolimento dello spettro armonico, (il timbro risulta più dolce e flautato). Quando poi non è possibile incrementare la pressione o il flusso d’aria nella canna, che si desidera suoni più forte, l’abbassamento moderato della bocca ne intensifica e schiarisce il timbro.
Dunque il problema si può affrontare dai due lati (variazione di pressione, a parità di altezza oppure variazione di altezza a parità di pressione) ottenendo risultati leggermente diversi: la scelta di pressioni e bocche basse implica sonorità chiare e delicate, mentre maggiori pressioni e bocche proporzionatamente più alte portano a timbri più tondi e intensi.
Nell’intento dell’intonatore può essere necessario, a pressione fissa, arrotondare il timbro del registro verso l’acuto, alzando le bocche in modo progressivamente più pronunciato, mantenendo la prontezza e chiarezza nel registro grave con bocche meno alte, oppure far cantare il registro nella zona dei soprani e lasciarlo sullo sfondo nei bassi, regolando l’altezza in modo decrescente dalle canne maggiori a quelle minori.
Va detto che l’altezza di bocca, giacché controlla l’energia sonora, influisce sulla frequenza: ciò risulta particolarmente evidente nelle canne più piccole (solitamente nei flauti e nelle canne di ritornello dei ripieni, da 1/8′ in su), che possono cambiare drasticamente accordatura con modifiche apparentemente insignificanti. In generale quanto più la canna è piccola, tanto maggiore è la cura che si deve dedicare all’intonazione, usando strumenti di controllo e taglio proporzionati e precisi.
Quanto al rapporto fra larghezza e altezza di bocca, si può dire che esiste una “giusta” proporzione alla base di un’equilibrata composizione dello spettro armonico, ma è pur vero che tale regola viene continuamente piegata alle esigenze dell’intonatore. Sicché a parità di condizioni (diametro, frequenza e pressione) “grosso modo” la bocca è larga e bassa oppure stretta e alta; infatti il confronto di tre canne di Flauto, Principale e Viola conferma questa norma. La potenza sonora e il timbro di una canna sono regolati non solo dalla pressione ma anche dalla scala di diametro e larghezza di bocca: a parità di pressione, taglia e altezza di bocca suona più forte una canna con bocca larga di una canna con bocca stretta, e inoltre lo spettro armonico della canna con bocca stretta risulta più ricco negli armonici a discapito del fondamentale.
Fattori collegati alla pressione e al fusso del vento
L’intonatore, dopo aver alzato le bocche di un intero registro in conformità alla progressione decisa, può agire sul flusso del vento per controllare l’intensità e il timbro del suono, oltre che per ottenere dalla canna la voluta pronuncia e stabilità di emissione. Anche in questo caso bisogna scindere il problema principale in alcune questioni elementari:
- Controllo del flusso alla luce
- Controllo del flusso al foro del piede
- Controllo del flusso rispetto allo scudo e all’anima.
La prima osservazione da notare è che la zona di maggiore turbolenza della lama d’aria che esce dalla luce è in prossimità dei lati della bocca (ove l’attrito è maggiore): socchiudendo la luce ai lati si controlla meglio l’emissione e il suono a regime è più stabile che lasciando perfettamente paralleli i bordi della luce. Certamente la regolazione dell’ampiezza della luce influisce anche sull’intensità sonora, ma quello che più preme sottolineare è che essa offre un considerevole margine di controllo timbrico del suono a regime. Combinazioni diverse di apertura della luce e altezza della bocca possono produrre più o meno lo stesso timbro nell’emissione a regime, ma la pronuncia, cioè l’attacco del suono, cambia.
Mantenendo invariati tutti i parametri e cambiando solo l’apertura della luce, si nota che esiste un limite oltre il quale allargare la luce non incrementa l’intensità sonora, anzi indebolisce progressivamente gli armonici e il fondamentale, generando timbri sempre meno ricchi, ma più “sporchi”, con fruscii e rumori parassiti.
Una cosa che spesso accade, soprattutto con canne piccole di ripieno, è che stringendo la luce oltre un certo limite, il flusso d’aria viene diretto verso l’esterno della canna, rallentandone l’attacco: ciò si può correggere con gli espedienti che rendono più pronta l’emissione (abbassare l’anima e tirare fuori lo scudo).
Se anziché variare la pressione alla luce, la modifichiamo al foro del piede restringendolo o aprendolo, otteniamo come effetto immediato un indebolimento o un’intensificazione del suono rispettivamente; d’altra parte se cerchiamo di ottenere lo stesso spettro armonico in canne uguali in cui il foro del piede sia stato stretto progressivamente, dovremo necessariamente aumentare la pressione del vento: ciò ha implicazioni dirette sull’attacco del suono e sulla comparsa di rumori estranei imputabili alle turbolenze del vento nei pressi del foro stesso.
È noto che la prontezza di attacco è influenzata dalla posizione reciproca di scudo e anima, ma essa ha pure effetto sulla qualità timbrica del suono: spingere il flusso d’aria verso l’interno del risuonatore tende ad enfatizzare gli armonici dispari, viceversa, spingere il getto verso l’esterno enfatizza tutti gli armonici, schiarendo il timbro. Perciò abbassare l’anima e tirare in fuori lo scudo oltre a rendere più pronta la pronuncia, superata appena la posizione “ottimale”, scurisce il timbro e lo impoverisce. Invece, alzare l’anima e spingere in dentro lo scudo poco oltre la posizione “ottimale” schiarisce il timbro e rallenta la pronuncia. Con posizione “ottimale” si intende quella che consente alla canna di emettere un suono con attacco pronto e timbro naturale (mi rendo conto che queste indicazioni si prestano a interpretazioni soggettive, ma per i miei fini illustrativi ritengo inutile fornire dati e formule matematiche a cui rimando nella nota bibliografica). Nella normale prassi è noto che ciascun registro parla meglio se si rispettano alcuni assetti piuttosto che altri: nei flauti, e soprattutto nelle canne tappate o semitappate (coniche, a fuso, a camino) la posizione “ottimale” dell’anima è poco sotto il piano di allineamento del bordo del labbro inferiore con lo spigolo e con lo scudo portato poco in fuori (alcuni letteralmente lo tondano verso l’esterno, altri lo spostano in fuori mantenendolo piatto e parallelo al labbro inferiore); i principali invece parlano meglio se l’anima è allineata o leggermente alzata rispetto al piano suddetto, con lo scudo portato in fuori quanto basta a garantire prontezza d’attacco. Essendo l’intonazione soggetta al gusto e all’estetica, la prassi seguita dalle varie scuole varia al punto che si possono trovare principali intonati in modo diametralmente opposto.
Per quanto riguarda la prontezza d’attacco, molti studi sono stati condotti sul “transitorio” ossia la combinazione disordinata di frequenze che precede il suono a regime, e che possiamo intendere come la sua nascita: in una breve frazione di tempo dal caos prendono vita moti vibratori ordinati. La concomitanza di tante frequenze multiple di quella principale secondo i numeri interi genera lo spettro armonico (il timbro). Durante la formazione del suono queste frequenze emergono ed acquistano intensità. Senza il transitorio, (e senza l’estinzione), non saremmo in grado di riconoscere il timbro di uno strumento, quando però esso è particolarmente vistoso può risultare brutto (siamo qui nel campo dell’estetica) e quindi le tecniche di controllo della pronuncia si sono sviluppate per rispondere alle esigenze del gusto, ma hanno una base empirica, che qui interessa descrivere.
Restringere molto il foro al piede, usando pressioni piuttosto alte (80 mm e oltre), allunga leggermente il transitorio: questo inconveniente può essere ridotto incidendo piccoli denti sull’anima. È questa una prassi di intonazione usata dall’organaria tardo romantica, soprattutto con registri violeggianti. Anche l’applicazione di baffi alla bocca porta alla sensibile diminuzione del transitorio oltre a rendere più stabile il suono a regime, intensificandone fondamentale e armonici acuti (il timbro è meno “bilanciato”, ossia i parziali non decrescono gradualmente: ciò è quanto di solito si richiede ai registri violeggianti).
Intonare stringendo la luce, quasi senza regolare il foro al piede, permette di controllare il suono a regime, eliminando le increspature e le fluttuazioni che la luce aperta implica, tuttavia il transitorio è leggermente modificato: il tono fondamentale nasce più lentamente. Se si vuol intonare a luce aperta, senza regolazione al piede, è perciò necessario alzare un po’ di più le bocche, oppure adottare una pressione più bassa.
Le due tecniche descritte sono usate per fini stilistici diversi: schematicamente si può dire che rispondono rispettivamente al gusto tardo romantico e a quello classico, anche se possono giungere a toccarsi e confondersi. Nel caso di Callido, ad esempio, il foro del piede è moderatamente aperto (poco meno largo del foro della coperta del somiere), la pressione piuttosto bassa (intorno ai 50 mm), la luce appena aperta, i denti poco profondi ma abbastanza fitti, la bocca leggermente alta.
La pratica di incidere denti sull’anima è legata alla necessità di controllare il transitorio iniziale, ma inevitabilmente influisce anche sul timbro del suono a regime, per questo è un utile mezzo per ottenere gradazioni di colore nell’intera estensione del registro: incrementando o diminuendo la densità o la profondità dei denti se ne scurisce o schiarisce il colore. Esiste la tecnica d’intonazione che limita o sopprime del tutto l’incisione di denti, ma esistono anche altre prassi: pochi denti profondi o molti denti appena tracciati. Va posta attenzione al fatto che una canna in equilibrio, intonata cioè in modo “ottimale” e priva di denti o quasi, molto facilmente (soprattutto se la pressione del vento è un po’ alta) tenderà ad ottavizzare se si praticheranno alcune incisioni sull’anima: questo si giustifica col fatto che i denti possono dirigere il getto verso l’interno del risuonatore, inducendo il fenomeno. Ciò non ha quindi nulla a che fare con l’estetica dell’intonazione.
Bibliografia
Il presente articolo è stato redatto sulla base dell’esperienza personale e sulla falsa riga del saggio di Michael McNeil, A Theory of Voicing and Scaling Flue Pipes comparso sul bollettino ISO Information n. 23, 1983, cui rimando per la chiarezza espositiva e gli interesanti grafici.
Altri saggi più complessi ed esaurienti sono:
- Goebel Joseph, Theorie und Praxis des Orgelpfeifenklanges – Intonieren und Stimmen, 1967, Verlag das Musikinstrument Frankfurt/Main
- Mahrenholz Christhard, Die Berechnung der Orgelpfeifenmensuren, 1968, Baerenreiter Kassel
- Mahrenholz Christhard, Die Orgelregister – Ihre Geschichte und ihr Bau, 1968, Baerenreiter Kassel
Rinvio poi al sito di Reiner Janke, dove si possono vedere alcune animazioni del flusso d’aria attraverso la luce in canne labiali aperte e tappate.