Contrappunto alla mente per tutti e improvvisazione dotta per gli intenditori, rigorosamente in partitura per chi volesse imparare.
I cento versi negli otto toni salmodici pubblicati da Giovanni Maria Trabaci nel Secondo Libro del 1615 sono uno splendido esempio di musica per uso liturgico quotidiano, in cui compaiono quasi tutti i generi usati nella pratica improvvisativa dell’organista ordinario: l’imitazione osservata del ricercare e addirittura del canone, l’imitazione libera della canzona, figurazioni accordali e diminuzioni della toccata, durezze e legature. L’unico genere assente, ma è così già nei Versi Spirituali di Antonio Valente (1580), è quello del contrappunto su Canto Fermo: segno che, in Italia almeno, questo genere si era andato gradualmente restringendo al solo ambito didattico o accademico. Con questo intento Trabaci, Rodio, Mayone e altri lo praticarono: sono famose le quattro elaborazioni di Trabaci sul tenore della Spagna noto anche come la base di Costanzo Festa.
La dicitura “Otto toni ecclesiastici” indica espressamente la destinazione organistica liturgica, mentre composizioni dotte come i Ricercari sono impostate sul sistema dei dodici Toni proposto nel Dodekachordon (1547) del teorico svizzero Henricus Glareanus e universalmente accettato (sebbene esistano alcune varianti, compreso un tentativo di riordino operato da Zarlino).

Sergio Vartolo suona i cento versi su organi storici particolarmente importanti. Tre di essi si trovano a Bologna: il Cipri di San Martino (1556), il Malamini (1596) e il Lorenzo da Prato di San Petronio (1471-75); suona inoltre un organo positivo di Felice Cimino del 1702.

Dopo l’introduzione al tono con il primo verso della serie, segue l’intonazione del salmo, secondo la nota pratica di eseguire il canto alternatim tra organo e coro. Vartolo usa la classica formula mnemonica primus [secundus, tertius, ecc.] tonus sic incipitur, sic flectitur et sic mediatur atque sic finitur.

Cento versi sugli otto toni
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