Nella scala diatonica naturale o Tolemaica i gradi non sono ottenuti concatenando quarte/quinte, ma sono derivati principalmente dalla serie armonica. Per generare il IV e il VI grado è necessaria la trasposizione alla quinta inferiore. Gli intervalli sono rappresentati da rapporti semplici: unisono 1:1 do-do, ottava (diapason) 2:1 do-do, quinta (diapente) 3:2 do-sol, quarta (diatessaron) 4:3 do-fa, terza maggiore (ditono) 5:4 do-mi, terza minore (semiditono) 6:5 la-do, tono maggiore 9:8 do-re, tono minore 10:9 re-mi, semitono diatonico 16:15 mi-fa. Poiché esistono due toni di diversa ampiezza, la trasposizione melodica non è sempre possibile: ad esempio la terza minore intonata la-do (6:5) non equivale alla terza minore re-fa (32:27), la quinta intonata do-sol (3:2) non equivale alla quinta intonata re-la (40:27).
Gli intervalli sono complementari: tono maggiore e tono minore formano il ditono (10/9 × 9/8 = 5/4), ditono e semitono dànno la diatessaron (5/4 × 16/15 = 4/3), semiditono e ditono producono la diapente (6/5 × 5/4 = 3/2), diatessaron e diapente si sommano in diapason (4/3 × 3/2 = 2/1). I teorici greci codificarono le proporzioni mediante il monocordo, avvalendosi del calcolo della media aritmetica e armonica ed escogitando soluzioni geometriche quando i segmenti di corda vibrante sono incommensurabili, cioè quando è necessario ricorrere a numeri irrazionali. Rappresentando con a e b due segmenti, se ne trova la media aritmetica (a+b)/2, la media armonica 2ab/(a+b) e quella geometrica √ab.

media a b divisione intervallo
aritmetica unisono 1:1 ottava 2:1 (1+2)/2=3/2 diapente
armonica unisono 1:1 ottava 2:1 2×(1×2)/(1+2)=4/3 diatessaron
aritmetica unisono 1:1 quinta 3:2 (1+3/2)/2=5/4 ditono
armonica unisono 1:1 quinta 3:2 2×(1×3/2)/(1+3/2)=6/5 semiditono
aritmetica unisono 1:1 terza maggiore 5:4 (1+5/4)/2=9/8 tono maggiore
armonica unisono 1:1 terza maggiore 5:4 2×(1×5/4)/(1+5/4)=10/9 tono minore

Quando si tempera una quinta, inevitabilmente si tempera nella direzione opposta anche l’intervallo complementare. Se stringo la quinta D-A, mantenendo fissa l’ottava D-d, allargo contemporaneamente la quarta A-d; allo stesso modo le due terze che si trovano all’interno della quinta D-A sono legate reciprocamente: se stringo la terza maggiore F-A, alzando il F, allargo la terza minore D-F. Anche i due toni che formano il ditono si comportano in questo modo: tenendo fermi gli estremi C-E, e abbassando il D, si stringe il tono maggiore C-D e per conseguenza si allarga il tono minore D-E.

Tralasciamo per un attimo il sistema dell’intonazione pura o naturale per osservare che il ciclo di quinte/quarte, siano esse pure o temperate regolarmente della medesima quantità, comporta la costruzione di intervalli omogenei, almeno sinché si rimane in ambito diatonico. Ad esempio la concatenazione C-G-D porta alla seconda maggiore C-D e aggiungendo D-A-E si ottengono i toni fra G-A e D-E. Diversamente da quanto accade nel sistema dell’intonazione pura, gli intervalli così generati hanno tutti uguale ampiezza. Se le quinte sono pure, la relazione è data dal prodotto 3/2 × 3/2 = 9/8. Se le quinte sono temperate, il tono risultante sarà più stretto; ma comunque, poiché C-D è uguale a D-E, ne consegue che D è sempre il tono medio.
È opportuno far notare che il rapporto 9:8, ottenuto sommando due quinte, genera un suono che coincide con il nono armonico abbassato di 3 ottave. Ma questa coincidenza è unica giacché gli altri intervalli calcolati col metodo pitagorico, sommando quinte, si scostano da quelli naturali della serie armonica.

Fra i sistemi regolari consideriamo ora quelli che nacquero con l’intento di migliorare le terze maggiori in contrapposizione con il sistema pitagorico.
Tre passaggi nel ciclo di quinte/quarte costruiscono una sesta maggiore, oppure una terza minore, C-G-D-A > C-A o A-c, mentre quattro passaggi conducono a una terza maggiore, o sesta minore, C-G-D-A-E > C-E o E-c. Affinché l’intervallo raggiunto sia puro, dobbiamo in tutt’e due i casi temperare almeno una delle quinte/quarte di una quantità ben precisa, chiamata comma sintonico (21,5 cents, rapporto 81:80). Questo minuscolo intervallo equivale a circa l’11% del tono maggiore, e nasce dalla differenza fra esso e il tono minore (9/8 × 9/10 = 81/80, oppure 203.9 – 182.4 = 21.5 cents). Stringendo le quinte concatenate, si correggono la terza maggiore pitagorica, che è larga rispetto all’intervallo puro, e la terza minore pitagorica, che per converso è stretta rispetto all’intervallo puro.
Anche se non desiderassimo ottenere terze pure, dovremmo in qualche modo temperare le quinte/quarte per chiudere il circolo dopo dodici passi, per eliminare l’eccesso del comma pitagorico.

Come conseguenza della complementarità degli intervalli, quando temperiamo di 1/4 di comma sintonico (5.4 cents) ciascuna delle quattro quinte/quarte concatenate, otteniamo una terza maggiore pura, ma la terza minore che risulta dalla penultima concatenazione è stretta di 1/4 di comma sintonico. D’altra parte, se temperassimo di 1/3 di comma sintonico (7.2 cents) ciascuna delle tre quinte/quarte consecutive, otterremmo la terza minore pura, ma la terza maggiore che risulta aggiungendo un ulteriore passaggio nel circolo sarebbe stretta di 1/3 di comma sintonico.
Pertanto è naturale chiedersi quanto sia necessario temperare le quinte/quarte affinché le terze risultanti, minori e maggiori, siano “ugualmente strette”, cioè siano temperate della stessa frazione di comma sintonico. La media aritmetica fra 1/3 e 1/4 è 7/24, mentre la media armonica è 2/7. A rigore per trovare l’esatta quantità è necessario calcolare la media geometrica fra 1/4 e 1/3. Si tratta cioè di estrarre la radice quadrata del prodotto delle due frazioni (ossia 1/√12, circa 0.289). Le conoscenze matematiche all’epoca di Zarlino erano sufficientemente avanzate da consentire il calcolo (Nicolò Tartaglia pubblicò a Venezia nel 1556 il suo General trattato de’ numeri et misure […] in cui spiega la suddivisione geometrica di un dato rapporto in n parti e il procedimento per l’estrazione della radice quadrata; Zarlino stesso spiega come estrarre la radice quadrata), tuttavia la frazione 2/7 (circa 0,286) approssima per difetto il valore irrazionale cercato.
Come s’è detto, terza minore e terza maggiore sono complementari, perciò se sono diminuite ciascuna di 1/7 di comma sintonico, la quinta risultante dalla loro somma sarà stretta appunto di 2/7 di comma sintonico (6.1 cents). In altri termini i nuovi intervalli ottenuti sono più eufonici: la terza minore pitagorica (294 cents, 32:27) si allarga di 6/7 di comma pur rimanendo ancora stretta rispetto all’intervallo puro, mentre la terza maggiore pitagorica (407.8 cents, 81:64) si stringe di 8/7 di comma oltrepassando il rapporto naturale.
Zarlino descrive uno strumento, il mesolabio, che permette di risolvere il problema per via meccanica: purtroppo, applicato alla lunghezza delle corde vibranti con un intervallo piccolo come il comma sintonico, il grado di precisione non è soddisfacente. Comunque l’impianto teorico del sistema di temperamento zarliniano è solido e ben definito, tanto da costituire un punto di svolta nella storia dell’accordatura: per la prima volta si definisce con chiarezza matematica cos’è un sistema di temperamento regolare mesotonico e quali conseguenze comporta la ricerca di triadi armoniche consonanti.

A causa della prevalenza della teoria pitagorica, sino alla fine del Quattrocento i rapporti attribuiti agli intervalli musicali erano prevalentemente limitati a quelli in cui numeratore e denominatore sono i numeri 1, 2 e 3 e i loro multipli (1, 2, 3, 4, 6, 8, 9, 12, 16, 18, 24, 27, eccetera), escludendo perciò gli altri numeri primi 5, 7, 11, 13, e seguenti. Di conseguenza con questo sistema, conosciuto come tetraktys o numero quaternario, gli intervalli di terza/sesta non venivano descritti con rapporti semplici come lo erano gli intervalli consonanti di unisono, quarta, quinta e ottava.
Inoltre il semitono presentava due diverse nature: quella “cantabile” del semitono diatonico (ad esempio Re-Mib o Mi-Fa, limma, 90.3 cents, 256:243) e quella “incantabile” del semitono cromatico che è più ampio (ad esempio Mib-Mi o Fa-Fa#, apotome, 113.7 cents, 2187:2048). Dominava la convinzione che queste proporzioni costituissero la natura intrinseca dell’intervallo, al punto da riflettersi materialmente nelle proporzioni delle corde vibranti o delle canne d’organo. I Pitagorici assegnavano alla terza maggiore la proporzione 81:64. Tuttavia grazie ad Archita, Aristosseno, Tolomeo le proporzioni razionali ed irrazionali erano state ampiamente studiate e dibattute. In particolar modo l’interesse si era focalizzato sulla divisione del tono alla ricerca del minimo intervallo da usare come unità di misura dell’ampiezza.
Durante l’Umanesimo si manifestò un forte interesse per l’opera dei teorici greci, stimolato anche dall’esigenza di ampliare il nuovo lessico dell’armonia. Zarlino raccolse numerosi spunti dai teorici che lo precedettero, rivoluzionando il modo di considerare i rapporti musicali, affiancò alla tradizione pitagorica le proprie considerazioni pragmatiche sull’intonazione naturale degli intervalli consonanti (perfetti e imperfetti) e introdusse il 5 fra i numeri che generano le proporzioni matematiche. Questa radicale modifica del punto di vista portò Zarlino a cercare soluzioni che si potessero attuare sugli strumenti musicali ad intonazione fissa. Egli fu tra i primi a descrivere in modo matematicamente corretto con le esatte quantità alcuni sistemi di temperamento regolari mesotonici, verificando in che misura si avvicinino al nuovo ideale del numero senario, cioè delle proporzioni naturali degli intervalli.

Il processo storico che portò alla rivoluzione zarliniana è documentato da vari teorici che già nel quindicesimo secolo affrontavano il problema delle consonanze: Bartolomeus Ramis de Pareja (1482) fu tra i primi ad occuparsene, seguito da Ludovico Fogliano (1529), che riconobbe nella doppia natura del tono nella scala naturale il motivo delle due diverse intonazioni per la nota Re, distanti fra loro un comma sintonico. Tuttavia Giovanni Battista Benedetti, matematico e dilettante compositore veneziano, nel 1585 fece notare che l’inseguimento di questo ideale di purezza armonica comporta effetti sorprendenti sul corista, che può calare o crescere a causa dei continui scarti di comma.
Questo problema è risolto dalla voce e dagli strumenti ad intonazione variabile, correggendo continuamente l’ampiezza degli intervalli melodici. Ma per gli strumenti ad intonazione fissa le soluzioni sono più complesse: spezzare i tasti oppure compromettere la purezza degli intervalli armonici, le due scelte non si escudono vicendevolmente. Cominciarono così a comparire tastiere con divisione dell’ottava in 19, 24, 31 o comunque più dei consueti 12 tasti, ampliando enormemente le risorse armoniche: la semplice scala diatonica si estese all’ordine cromatico con la serie dei bemolli e dei diesis e quindi all’ordine enarmonico presentando intervalli minuscoli. D’altra parte fiorirono i sistemi cosiddetti “partecipati” che annullano la differenza fra tono maggiore e minore, cioè ottengono l’intonazione intermedia, temperando le quinte di frazioni del comma sintonico.

  • Temperando le quarte/quinte di 1/3 di comma, il semitono diatonico (126.1 cents) è circa il doppio di quello cromatico (63.5 cents).
  • Temperando di 1/4 di comma, si ottiene un semitono diatonico (117.1 cents) che è più largo di quello cromatico (76 cents) di circa una volta e mezza.
  • Temperando di 1/5 di comma, si genera un semitono diatonico (111.7 cents) più largo di quello cromatico (83.6) di una volta e un terzo.
  • Si procede al sistema a 1/6 di comma (diatonico 108.1 cents, cromatico 88.6 cents).
  • Si può spingere questa procedura sino a 1/11 di comma sintonico, ottenendo un sistema regolare mesotonico equivalente al moderno sistema equabile, dato che 1/11 di comma sintonico equivale a 1/12 di comma pitagorico; sicché dopo dodici quarte/quinte il ciclo si chiude. Attraverso questi diversi gradi di temperamento il lupo è stato progressivamente ridotto sino ad annullarlo e i semitoni finiscono per avere tutti la stessa ampiezza (100 cents).

Poiché il sistema equabile moderno è in posizione neutrale fra l’esigenza di temperare le quinte/quarte e quella di avere terze maggiori/minori eufoniche, possiamo confrontare con esso i sistemi regolari mesotonici più drastici (1/3, 1/4, 2/7, 1/5, 1/6 di comma). Noteremo che le quinte sono temperate dalle due alle tre volte rispetto alla quantità dell’equabile, e sono sempre strette, tranne il lupo, mentre le terze maggiori possono essere poco più strette o poco più larghe dell’intervallo puro e l’entità di questo scostamento è circa la metà rispetto alle quinte. Nell’equabile invece a fronte di quinte poco meno che pure, le terze sono temperate sette volte tanto.
Aggiungiamo poi che in contrapposizione al sistema pitagorico nei sistemi mesotonici regolari il semitono diatonico “cantabile” è più ampio di quello cromatico “incantabile”. Ciò produce una vistosa inversione della qualità melodica di questi due intervalli rispetto alla tradizione medievale: la funzione di “sensibile” transitoria, ossia di grado alterato in una scala, è associata a una piccola inflessione, mentre quella di “sensibile” stabile nella successione diatonica è legata ad un salto più ampio.

Un veloce riassunto della storia dei sistemi mesotonici tra tardo Quattrocento e primo Seicento è offerto da Mark Lindley nell’articolo An historical survey of meantone temperaments to 1620, pubblicato in Early Keyboard Journal 8, 1990.
Per le suddivisioni dell’ottava in più di 12 parti sono invece fondamentali gli articoli di Patrizio Barbieri: The evolution of open-chain enharmonic keyboards, in Annuario svizzero di musicologia (2002) e I temperamenti ciclici da Vicentino a Buliowski, in L’organo XXI (Bologna, 1983).

In questa rassegna dei sistemi mesotonici regolari tralascerò il quarto di comma, cui ho già dedicato un capitolo a sé, e ne tratterò alcuni altri, che, pur non avendo trovato vaste applicazioni pratiche, presentano aspetti interessanti anche a livello musicale.

Sistemi mesotonici