Altezze e intervalli

L’altezza dei suoni si esprime:

  • mediante la lunghezza d’onda, misurata in metri (in organaria un’altra unità di misura è il piede pari a 324 mm). Do1 = 8′ oppure 2500 mm circa.
  • mediante la frequenza, misurata in Herz o cicli/secondo; per esempio il La3 ha una frequenza di 440 Hz.

La frequenza è inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda: ciò significa che raddoppiando la lunghezza la frequenza dimezza (una canna d’organo di 8′ suona all’ottava inferiore rispetto a una di 4′).

L’intervallo fra due suoni viene espresso mediante il rapporto delle loro frequenze.

Do1-Do2 sono in rapporto di 1 a 2 (ossia 1:2 se intendiamo indicare la lunghezza d’onda di Do2 rispetto a Do1, oppure 2:1 se invece rapportiamo la frequenza del Do2 a quella del Do1).

Do1-Sol1 sono in rapporto di lunghezza pari a 2:3 e di frequenza pari a 3:2 (infatti la canna d’organo che produce il Sol1 misura 8′ × 2/3 = 5.1/3′).

Nel linguaggio comune l’intervallo è inteso come differenza tra le altezze di due suoni, tuttavia si tratta correttamente di un rapporto tra le frequenze.

Ad esempio la quinta giusta Do-Sol non si indica con la differenza tra la frequenza più alta e quella più bassa

errato! Sol – Do => 391.2215 – 261.6256 Hz

ma col rapporto

corretto Sol : Do => 391.2215 ÷ 261.6256 pari a 3:2 ossia 1.5

Per convenzione grafica, quando vogliamo specificare la natura di un intervallo in termini aritmetici usiamo il segno di divisione, mentre se ne vogliamo indicare l’ampiezza o mostrare il rapporto lo esprimiamo mediante una frazione: così l’intervallo di quinta pura si rappresenta con 3:2 (tre a due) e l’ampiezza con 3/2 (tre mezzi) o con il decimale 1.5

Le operazioni fra intervalli espressi con frazioni si svolgono nel modo seguente:

  • Somma di due intervalli => prodotto delle frazioni che li rappresentano:
    quarta + quinta = ottava si scrive 4/3 × 3/2 = 2
  • Sottrazione di un intervallo da un altro => divisione delle frazioni corrispondenti:
    ottava – quinta = quarta si scrive 2/1 ÷ 3/2 = 4/3
  • Moltiplicazione di un intervallo => elevazione a potenza della frazione:
    quinta + quinta + quinta + quinta = decimasettima maggiore pitagorica
    si scrive (3/2)4 = 81/16
  • Suddivisione di un intervallo in più parti uguali => estrazione di radice della frazione:
    la divisione dell’ottava in 6 toni uguali, come sono nel temperamento equabile moderno si calcola come 6√2 = 1,122462

Se si considera l’ottava come l’ambito entro cui rapportare tutti gli intervalli, si nota che ciascuno di essi ammette un rivolto, ossia il complemento all’ottava. Anche se con parole semplici diciamo che, dato un certo intervallo, il suo rivolto è la “differenza” tra l’ottava ed esso stesso, tuttavia il rivolto non si può calcolare con una sottrazione. Lo si ottiene invece con la divisione del rapporto di ottava 2/1 per il rapporto dell’intervallo. Ad esempio il rivolto della terza maggiore, indicata con il rapporto 5/4, è ottenuto dalla divisione 2/1 ÷ 5/4, ossia 2 × 4/5 = 8/5, che è l’intervallo di sesta minore.

Battimenti

L’orecchio umano è sensibile alle frequenze comprese approssimativamente fra 20 e 15000 Hz. Inoltre la capacità di discriminare suoni aventi frequenze diverse è limitata dalla cosiddetta soglia differenziale di frequenza. Per definire con precisione tale soglia si deve considerare non solo l’altezza ma anche l’intensità dei suoni messi a confronto. Bisogna poi distinguere il caso dell’intervallo melodico (i due suoni sono eseguiti in successione ravvicinata) da quello dell’intervallo armonico (i due suoni sono eseguiti contemporaneamente), giacché l’orecchio umano sembra riuscire a distinguere meglio due suoni in successione, purché la velocità con cui si alternano non sia troppo alta.

Le moderne ricerche di psicoacustica conseguono risultati lavorando con suoni puri (ossia privi di armonici) e in assenza di riverberazione; nella pratica musicale le condizioni sono ben diverse, ma questi risultati sono comunque interessanti.

Nel campo più grave delle frequenze udibili (da 20 Hz a 200 Hz) la capacità discriminatoria dell’orecchio è cattiva e l’incertezza è dell’ordine di un semitono (per esempio un suono di 32,7 Hz che corrisponde al Do di 16′ è mal distinguibile dal Si o dal Do#). Migliora a mano a mano che ci si avvicina al cosiddetto campo di corretta udibilità (800-3000 Hz) nel quale si mantiene costante. La capacità torna quindi a peggiorare un po’ verso l’acuto.

Si nota poi che la capacità di discriminazione diminuisce quando i suoni sono deboli, e più precisamente hanno intensità compresa fra la soglia dell’udibilità e 30 dB sopra di essa. Invece per valori superiori, la soglia differenziale di frequenza è indipendente dalla loro intensità.

Quando le frequenze di due suoni eseguiti assieme sono sufficientemente lontane, essi sono percepiti come distinti. Se le frequenze sono vicine insorge il fenomeno dei battimenti: si percepisce allora un solo suono di altezza intermedia a quella dei componenti con una lenta fluttuazione dell’intensità, come se il suono pulsasse con regolarità.

Nel caso sperimentale della sovrapposizione di due suoni puri con frequenze f1 e f2 si ottiene un’onda sinusoidale di frequenza f0 pari al valor medio delle due frequenze. Essendo f1 e f2 molto vicine, f0 sarà circa uguale a f1. Inoltre un’oscillazione molto più lenta “modula” l’ampiezza con una frequenza di battimento fb pari alla differenza delle due frequenze f1 e f2. Poiché f1 e f2 sono molto vicine, fb sarà molto minore delle due frequenze.

I registri ondulanti, come Fiffaro, Voce Umana, Unda Maris, Voce Celeste, sono ottenuti “scordando” le canne in modo che l’unione con un altro registro generi i battimenti desiderati.

I battimenti sussistono anche tra le diverse armoniche di due suoni complessi, anche se le fondamentali dei due suoni non hanno frequenze molto vicine: quando il battimento non è percepibile in modo chiaro, vuoi per la rapidità delle fluttuazioni, vuoi per la loro complessità o per la debolezza degli armonici implicati, la combinazione dei due suoni risulta aspra e “stridente”. Analogamente ha un valore estetico anche il caso in cui le fluttuazioni siano lentissime, tanto da non potersi quantificare con precisione, perché ciò può conferire alla sonorità calore e pienezza.

Quando il battimento è presente in modo chiaro, tanto da poter essere “contato” o raffrontato con opportuni schemi ritmici, assume valore pragmatico nelle operazioni di accordatura. L’accordatore ascolta l’intervallo rapportandone i battimenti al metronomo, oppure confrontandoli con modelli ritmici noti (ad esempio quartine di semicrome o terzine di crome in tempo andante o allegro).

Accordando una quinta giusta pura, Mib-Sib, rapporto 3 a 2, controlliamo che il terzo armonico di Mib si sovrapponga al secondo armonico di Sib senza battimenti. Quando i battimenti spariscono siamo certi di aver centrato l’obiettivo.

Avvertiremo anche la presenza concomitante di un terzo suono, d’intensità più debole e posto all’ottava inferiore rispetto al suono più grave dell’intervallo stesso. Si tratta del suono risultante secondo il principio di combinazione, già studiato da Giuseppe Tartini nel Settecento. Dall’interazione di due onde sonore si generano due nuovi suoni le cui frequenze sono pari alla somma e alla differenza delle frequenze dei suoni di partenza. Quindi l’ascoltatore sente quattro suoni: F1, F2, F1 – F2, F1 + F2, quest’ultimo però ha intensità molto debole.

Nell’organo questo principio è sfruttato nella costruzione dei cosiddetti “registri acustici” o “di combinazione”, unendo canne accordate alla distanza di quinta giusta pura, per ottenere un suono risultante all’ottava inferiore: 98.115 Hz (Sol 5.1/3′) – 65.41 Hz (Do 8′) = 32.705 Hz (Do 16′)

Il terzo suono è anche molto importante nella buona riuscita dell’accordatura del Ripieno e del Cornetto o della Sesquialtera, dove in particolare il principio di combinazione agisce fra quinte pure e terze maggiori pure, contribuendo a rinforzare i suoni fondamentali delle piramidi armoniche.

Teoria dell’accordatura