La scuola lombarda

Dai primi decenni del Settecento agli ultimi del secolo successivo si affermò e sviluppò la scuola lombarda. Gli esponenti più illustri furono i Serassi, dal capostipite Giuseppe (Cardano di Grandola, 1693 – Crema, 1760) attraverso il figlio Andrea Luigi (1725 – 1799), il figlio di questi Giuseppe (1750 – 1817), i figli di quest’ultimo – i famosi fratelli Serassi – Andrea (1776 – 1843), Carlo (1777 – 1849), Alessandro, (1781 – 1870), Giuseppe (1784 – 1849) e Giacomo (1790 – 1877), i figli di Alessandro: Giuseppe, Carlo e Vittorio fino a Ferdinando (1855 – 1894) figlio di Carlo. Altra stirpe fu quella dei Bossi di assai antica origine: da Angelo (1707 – 1776), figlio di Giovanni Antonio (1680 – 1748), nacquero Giuseppe (1738 – 1803) e Francesco (1742 – 1816). Da Giuseppe nacquero Carlo (1770 – 1836), attivissimo fino in Canton Ticino e in territorio piacentino, e Giuseppe (1800 – 1862). Carlo generò Felice (1795 – post 1873), Pellegrino, Girolamo (1804 – 1877), Adeodato (1805 – 1891). Felice si trasferì a Torino e con il figlio adottivo Giacomo Vegezzi (1825 – 1883) aprì un importante laboratorio. Dal ramo di Francesco invece nacquero Giovanni (1779 – 1821), e Angelo (1793 – post 1861); furono figli di Giovanni: Aurelio (1812 – 1847), Francesco (1818 – 1861) e Giovanni (1821 – post 1863) e il ramo si estinse con Gabriele figlio di Aurelio. Con l’estinzione di questo ramo e dopo il trasferimento a Torino di Felice, Adeodato (che unì al proprio il cognome della madre Urbani) emerse come personalità di grande rilievo, realizzando imponenti strumenti un po’ ovunque: da Locarno (S. Antonio) a Bologna (S. Domenico), da S. Colombano al Lambro a Leffe (Prepositurale), da Miradolo Terme a Reggio Emilia (S. Agostino), da Calusco d’Adda a Renazzo e Baricella nel Bolognese, a Cortemaggiore (Collegiata) e a Monticelli d’Ongina (Parrocchiale).

Tra il XVIII e il XIX secolo tanti artigiani minori seguirono i modelli dei Bossi e dei Serassi, raccogliendone la lezione innovativa e contribuendo alla capillare diffusione di un tipo d’organo ricco di colori e di possibilità: a Como i Somigliana (Antonio, Giovanni Antonio, Carlo e Giuseppe) e Antonio Lottieri; a Milano Giovanni Paolo Binago e Rocco Longone durante il secolo XVIII, Ferdinando Carcano, Pietro Brambilla, Natale Morelli e Giovanni Valli; in Valtellina la famiglia Ettori (Giovanni Battista, Francesco, Giuseppe e Giorgio); a Torino, dopo G. B. Calandra e i Concone, Giuseppe e Cesare Collino; a Centallo i Vittino (Carlo, Vittorio e Francesco), a Domodossola Pietro Minoletti, a Intra Ferdinando Arioli (1805 – 1867) e Giovanni Battista Franzetti (1802 – post 1869), a Luino Francesco Carnisi, a Legnano la famiglia Carrera (Gerolamo 1796 – 1863 e il nipote Antonio De Simoni, giustamente celebri e insuperati nella perfezione della confezione delle canne), a Magenta i Prestinari (Luigi, Dionigi 1747 – 1821 e i suoi figli Antonio, Gaetano e Francesco e i figli quest’ultimo Giovanni, Luigi e Giuseppe), a Monza Livio Tornaghi e Carlo Aletti, a Brescia Giovanni Tonoli (1803 – 1889), a Pavia Angelo Amati e la stirpe dei Lingiardi (Giambattista 1765 – 1850, i figli Antonio Giacomo 1811 – 1871 e Luigi 1814 – 1882, i figli di quest’ultimo Giambattista 1856 – 1890, Ernesto 1860 – 1920 e Cesare 1863 – 1936).

Importante fu l’attività organaria a Varese rappresentata dai Biroldi (Giovanni Battista, il figlio Eugenio 1756 – 1827, il nipote di questi Luigi Maroni 1790 – 1842 e suo figlio Eugenio 1822 – 1894), i Bernasconi (da Felice nacquero Giuseppe 1814 – 1891, Lorenzo 1822 – 1890, Cesare e Pietro 1834 – 1895; la bottega di Cesare fu continuata dal figlio Giovanni, quella di Pietro dal figlio Luigi), i Mentasti (Luigi e i figli Giovanni, Paolo trasferitosi a Casale Monferrato e Alessandro trasferitosi a Novara) e infine le figure singole Vittore Ermolli, Giuseppe Vedani e Giuseppe Talamona; l’eredità della scuola varesina verrà assorbita da Giacomo Mascioni (1811 – 1896), la cui discendenza è ancora attiva oggi a Cuvio.

La bottega dei Serassi fu scuola per Casimiro Allieri (che vi seguì le ultime opere, come il monumentale organo di Ragusa Ibla 1881 – 1882), Camillo Guglielmo Bianchi (1821 – 1890), frà Damiano Damiani (1771 – 1842), Giuseppe Colombo, Prospero Foglia, Giovanni Giudici (con i figli Luigi attivo a Pesaro e Alessandro a Palermo), Giacomo Locatelli senior (1839 – 1875) e junior (1864 – 1918, che nel 1895 rilevò la ragione sociale dei Serassi), Luigi Parietti (1835 – 1890), Antonio Sangalli (1820 – 1901), Egidio Sgritta. Negli ultimi anni la casa Serassi fu retta da Attilio Mangili e poi Giovanni Battista Castelli, curatore del Catalogo degli organi da chiesa costruiti a tutto l’anno 1858 dall’I. R. Fabbrica Nazionale Privilegiata dei Fratelli Serassi in Bergamo e autore anche del metodo Norme generali sul modo di trattare l’organo moderno (1862).

La scuola lombarda allargò la tavolozza sonora tradizionale, forse mossa dall’esempio di Hermans: adottò la Sesquialtera di Ripieno (fila in XXIV, spesso – presso i Serassi – in coppia con una XIX), il Cornetto (sia a 3 file: XII-XV-XVII, sia nella classica doppia coppia: VIII-XII, XV-XVII, con canne cilindriche dalla misura intermedia tra quella di Flauto e di Principale), le ance Fagotto Bassi e Tromba Soprani.

Al Flauto in VIII e alla Voce Umana, che non mancano mai, si associa la Flutta Soprani di 8′, abitualmente composta di canne ottavianti di stagno. Di questo registro esistono fogge assai diversificate: durante il ‘700 la prima ottava di canne era posta in facciata (era perciò di identica misura del Principale, ma suonava un’ottava più acuta), in seguito anche tali prime canne verranno collocate all’interno, dapprima cilindriche di misura larga, più tardi “a clessidra” (lungo cono coronato da corto imbuto). Durante il secolo XIX la Flutta fu inserita anche nell’organo eco con canne di stagno a camino largo; piuttosto raro è il Flauto in selva soprani di 4′, con canne a camino stretto, di solito collocato nel melodium tergale. Con canne di stagno a tuba svasata (a cono rovesciato) di misura notevolmente larga si prestano i Corni dolci (alias da caccia) soprani di 16′ (con le prime 10 o 12 canne di legno collocate su somiere proprio) e i Fluttoni di 8’; presso i Serassi i Cornetti hanno forma analoga, ma sono di misura più stretta e sempre di stagno; negli strumenti maggiori la piramide è completata alla base dal Principale Cornetto d’identica foggia. Tipicamente ottocentesco è l’Ottavino o Flagioletto, di regola di 1/2 piede nei bassi e di 2 piedi nei soprani, di stagno, di grossa taglia con bocca larga e molto bassa, dall’intonazione squillante e penetrante. Il flauto in XII soprattutto nel corso dell’Ottocento tende a sparire, mentre quello in VIII rimane, magari limitato ai soprani; mentre durante il Settecento erano talvolta costruiti a cuspide, durante il secolo successivo è normale l’impiego di canne cilindriche.

I Serassi (come nell’organo della Parrocchiale di Tirano in Valtellina) usarono confezionare a cuspide le canne di Principale e di parte del Ripieno dell’eco.

La Viola Bassi di 4′ è indispensabile complemento alla Flutta Soprani; negli organi maggiori trovano posto anche il Violone 8′ Bassi e la Violetta 2′ Bassi; assai meno frequente è la Violetta 8′ Soprani. In qualche eco o melodium serassiano si trova la Voce Flebile, corrispondente di misura stretta della Voce Umana. I Carrera, in anticipo sui tempi, diedero ampio spazio ai registri violeggianti (che confezionavano con il coronamento “a trombino, di particolare invenzione”).

L’ambito tipico settecentesco in Lombardia è quello di 50 tasti (Do1 – Fa5 con prima ottava corta), usuale per gli organi di 8 piedi. Esso finì per coinvolgere anche gli strumenti di maggiore mole, ad esempio di 12 piedi, le cui canne più gravi di facciata vennero incorporate nel Principale Bassi di 16′, e quindi suonate dai corrispondenti tasti della prima ottava normale (escludendo così l’uso della contro-ottava rinascimentale).

Il Ripieno s’inspessisce: vi compaiono il Principale di 16′, il raddoppio del Principale di 8′, dell’Ottava e delle file acute con gli armonici disposti in coppie “sfalsate” (XXVI-XXIX, XXIX-XXXIII, XXXIII-XXXVI ecc.); viene inoltre abbassato di una quarta il limite di acutezza dei “ritornelli” (costante nei Serassi quello della XV al Sol4), sono adottati ritornelli “grossi” per qualche fila (di regola nei Serassi una XXIX inizia a ritornellare al Do2).

Nel Settecento il Principale ha ancora misure e proporzioni classiche di ascendenza antegnatiana (rapporto di 2/9 tra larghezza della bocca e circonferenza della canna); nel secolo successivo invece prevale sempre più la tendenza all’allargamento della bocca. Rimane valido il principio dell’intonazione a piena aria, con pochi “denti” (totalmente assenti nelle Viole), bocche basse e bassa pressione del vento (in genere tra 40 e 45 mm in colonna d’acqua).

Alla tradizionale coppia di Fagotto e Tromba sono presto associati il Clarone Bassi 4′ e il Corno Inglese Soprani di 16′, mentre il Violoncello Soprani 16′ trova preferibilmente posto all’organo eco. In organi più grandi compaiono il Violoncello Bassi 4′ (talvolta di 2′) e la Tromba Soprani di 16′; ma è possibile incontrare anche l’Oboe Soprani 8′ e persino la Cornamusa Soprani 8′ che i Serassi amavano disporre “en chamade”. La “Tromba a squillo” dei Serassi, collocata sul parapetto della cantoria, ha tube di ottone e suona con pressione maggiore di quella del somiere maestro. Di legno nella consueta forma a tronco di piramide rovesciata sono le Bombarde 16′ e i Tromboni 8′ al pedale, (in mancanza delle prime, spesso i Tromboni sono reali dal Fa di 12 piedi).

Il somiere “a vento” domina incontrastato per tutto il secolo XIX.

Per particolari fogge di registri si distinguono alcuni organari: Adeodato Bossi, ad esempio, confezionava i canaletti dei registri ad ancia a forma di “becco di pellicano”, mentre i Carrera li costruivano non di un unico pezzo (com’era consuetudine), ma con la “testa” riportata, tuttavia saldata non con lo stagno bensì con l’ottone. I Biroldi, benché vantassero una preparazione di ascendenza germanica (attestata dalla notazione alfabetica con cui contraddistinguevano le canne), praticavano – unici in Italia – registri ad ancia “a la bague” secondo il modello francese.

É interessante notare la frequente presenza del positivo tergale, sia pure il piccolo “melodium” con griglie orizzontali per l’espressione (così nei Serassi di S. Agostino a Treviso, di S. Lorenzo a Firenze, della Collegiata di Serravalle Scrivia e della Chiesa matrice di Ragusa Ibla).

La scuola lombarda arrivò sino a Trentino, Veneto, Emilia, Liguria e Piemonte, si estese in Toscana, a Roma, in Sicilia e in territori di lingua e cultura italiana posti al di fuori dei confini politici (Canton Ticino, Briga, Tenda, Nizza), e persino in America meridionale.

La tradizione organaria italiana – storia