Questa serie di articoli si occupa dei metodi per il calcolo delle progressioni, cioè delle relazioni fra i parametri dimensionali delle canne che costituiscono un registro. È in buona parte merito di Christhard Mahrenholz la trattazione storica di questo tema, affrontata nel trattato Die Berechnung der Orgelpfeifenmensuren vom Mittelalter bis zur Mitte des 19. Jahrhunderts, IIa edizione, Bärenreiter-Verlag, Kassel, 1968. La maggior parte delle notizie qui pubblicate deriva dunque da questa fonte. Inoltre consiglio la lettura dell’articolo di Axel Leuthold, I metodi degli antichi maestri per calcolare le misure delle canne d’organo – Problemi di ricostruzione pubblicato nella rivista L’organo, annata XXX-1996, Pàtron editore, Bologna, 1997. Segnalo anche gli interessanti contributi in lingua francese firmati da Sébastien Cosson che si possono consultare nella rete.
Purtroppo sviste e refusi possono capitare a tutti: ne ho trovati nelle fonti citate, peraltro facilmente individuabili. Chiedo scusa ai lettori per quelli che involontariamente mi sono sfuggiti, e prego di segnalarmeli.
L’argomento appare complesso perché è costituito da molte diverse soluzioni che si sono accumulate nel corso dei secoli, alcune anche in netto contrasto fra loro, e spesso ha innescato dure polemiche fra conservatori e innovatori.
Buona parte delle incomprensioni è dovuta all’oscurità con cui volutamente si operava, mantenendo segrete le formule o velandole di mistero. Un’altra buona parte degli errori di valutazione è giustificata dalla laboriosità dei computi matematici. Sono infatti possibili due strade che portano alle medesime soluzioni: quella geometrica e quella aritmetica, applicate entrambe ai rapporti intervallari fra le varie note della scala.
Questi rapporti intervallari furono calcolati per secoli rispettando le proporzioni pitagoriche, con adattamenti giustificabili in funzione dei vari temperamenti seguiti.
La via geometrica si propone di costruire le suddette proporzioni mediante l’uso di riga e compasso, quella aritmetica invece le calcola operando con le frazioni. La prima appare pratica, precisa e affidabile nell’esecuzione, visivamente permette di abbracciare con un solo sguardo l’evolversi della progressione e di compararla con altre. È perciò comprensibile che questa fosse la via canonica seguita dagli organari antichi. L’aritmetica permette di ottenere gli stessi risultati, rappresentandoli come quantità numeriche e non come segmenti, e ciò può essere utile per fissare un limite di precisione a piacere, decidendo le tolleranze e gli arrotondamenti, che invece nella rappresentazione grafica sono casuali. Infatti lo spessore del tratto, la scala del disegno, imperfezioni degli strumenti, perfino gli allungamenti subiti dal foglio di carta o pergamena con il variare dell’umidità possono generare scarsa accuratezza.
Lo sviluppo del sistema equabile con la suddivisione dell’ottava in dodici semitoni uguali pose nuovi problemi di calcolo. Infatti per dividere un intervallo in n parti uguali si deve estrarre la radice ennesima della frazione che lo rappresenta, nel nostro caso l’ottava è 2/1 e il semitono è 12√2. Operando solo con le frazioni non si ottiene una suddivisione precisa del tono in due semitoni uguali, si può solamente approssimare il valore, per esempio a 18/17.
Le discrepanze fra la suddivisione ottenuta con le frazioni e quella ottenuta con le radici non sono enormi, però rispecchiano due diversi modi di operare. Marin Mersenne nel ponderoso trattato Harmonie universelle, Parigi 1636, nel libro V della seconda parte dedicato al liuto afferma quanto segue:

[…] car si l’on tend une chorde qui soit moyenne proportionelle entre les deux chordes qui font le ton, l’Octave, ou quelque autre intervalle, le dit ton, ou l’autre intervalle proposé sera divisé en 2 parties esgales: de sorte que le premier demy-ton du ton maieur sera iustement esgal au second demy-ton […]

Illustra come dividere un intervallo in parti uguali per mezzo dei medi proporzionali, facendo ricorso al secondo teorema di Euclide, ma anche per via aritmetica, usando operazioni complesse come l’elevazione a potenza e l’estrazione di radice. Nepero aveva da pochi anni, 1614, proposto l’uso dei logaritmi e Briggs cominciò a diffondere le prime tavole logaritmiche subito dopo, 1617-1624. Mersenne se ne avvantaggiò immediatamente. Oggi il ricorso alla calcolatrice, o meglio ancora al foglio elettronico, ci risparmia il computo manuale.

A costo d’essere pedante, sottolineo che sarà necessario fare bene attenzione all’uso del termine rapporto, che nei testi teorici viene usato in tre diverse accezioni.
Rapporto di nota
proporzione usata per calcolare gli intervalli fra i gradi della scala, necessaria per risalire alle lunghezze d’onda e quindi alla lunghezza di lastra delle canne.
Rapporto di lastra
relazione fra i lati della lastra di metallo usata per formare la canna; è solitamente espresso con una proporzione, per esempio 1:1,682 oppure 1:4, per indicare che fatta pari all’unità la larghezza della lastra, la lunghezza equivale al divisore; essendo la lastra rettangolare, il rapporto è sempre minore di 1 e nel caso limite di lastra quadrata vale 1. Tale rapporto può essere costante o variabile entro il registro.
Rapporto di misura
relazione che sussiste fra le larghezze di lastra di due canne all’intervallo di un’ottava: può rispettare la proporzione pitagorica di 1/2 (la stessa che lega anche le lunghezze), oppure può seguire altri criteri, con valori razionali o irrazionali. Talvolta è chiamato anche rapporto d’ottava, ma non va confuso con l’omonimo rapporto di nota riguardante l’intervallo di ottava.
Delle canne labiali: calcolo delle progressioni
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